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Dicembre 2003

Natale: non possiamo tacere

Proclamando e ascoltando il brano del Vangelo di S. Luca 2, 12-18, non possiamo che concludere con queste parole: «non possiamo tacere!». Fin dal suo primo vagito Cristo, Parola eterna fatta carne inviata a noi dal Padre, si presenta come notizia, annuncio che vuole e deve essere dato all’umanità. Dalla prima parola all’ultima, la Buona Notizia è ripetuta di bocca in bocca: dall’Angelo a Maria, a Giuseppe, ai pastori; dai pastori alla gente; da Giovanni Battista alle folle che attendono il Messia; da Cristo stesso al popolo, ai discepoli, agli apostoli; dagli apostoli ai pagani; dalla Chiesa all’umanità. Cristo è la Buona Notizia, che deve rimbalzare di uomo in uomo, di secolo in secolo. Una corsa inarrestabile perché Cristo con la sua vita, il suo insegnamento e la sua morte, è l’unica, autentica notizia di cui abbisogna l’umanità. Ogni cristiano è figlio di questa Buona Notizia e, per sua vocazione, non può esimersi dal diventarne un ripetitore. Celebrare il Natale comporta anche prendere il microfono dalle mani degli angeli, dei pastori, degli apostoli e diventare predicatori di Cristo. Un cristiano non può mai essere un cane muto (Is. 56,10), bensì un profeta, un annunciatore delle cose di Dio. Dovrebbe essere un’esplosione della pienezza della fede e del suo amore per Cristo, come lo fu per gli apostoli: «Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (Atti 4,20). Evitiamo allora il tradimento dei prudenti. Fede languida, quieto vivere, diplomazia fuorviante, rispetto umano, interessi minacciati, paura della radicalità evangelica, affievoliscono il volume, spengono le parole, chiudono la bocca facendo dei cristiani profeti mancati della Buona Notizia, che dovrebbe essere gridata sopra i tetti. Sopire, smorzare, evitare i confronti, annacquare la vitalità e l’impeto delle parole di Cristo, sembrano essere la parola d’ordine di tanta cristianità. Altro che anelito bruciante, coraggio inarrestabile e foga travolgente dell’apostolo Paolo: «Guai a me se non predicassi il Vangelo» (1 Cor. 9, 16). «Ci sono troppi saggi, troppi prudenti. O Dio, mandaci dei folli, mandaci degli uomini che si impegnino a fondo, che amino diversamente che a parole, che si donino veramente fino in fondo». (L. Lebret) Per incoraggiarci tutti nel servizio di annunciatori del Vangelo, è necessario chiedere a Dio che ci conceda sempre la testimonianza dei profeti, uomini consapevoli che Cristo crocifisso è scandalo per i giudei e stoltezza per i pagani, ma per coloro che sono chiamati è potenza e sapienza di Dio. (1Cor.1,23- 24). Doniamoci senza riserve, impegniamoci senza compromessi, testimoniamo la verità senza adulterazioni: è questo l’autentico essere cristiani a cui siamo chiamati dal natale di Cristo, voce fatta carne e a cui dobbiamo chiamare gli altri con la voce delle nostre parole e della vita. Compito della voce è gridare, anche se attorno c’è il deserto dell’ascolto, perché sia un Natale Buono!

fra Corrado

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Ottobre 2003

Riscoprire il germoglio della vocazione

Domenica 5 ottobre in Piazza San Pietro, Daniele Comboni viene proclamato Santo da Giovanni Paolo II

Carissimi, in questo mese di Ottobre, dedicato dalla Chiesa a una particolare riflessione sulla Vocazione alla Missionarietà, c’è stato il riconoscimento pieno della Santità di Mons. Daniele Comboni. Tutti noi, sensibili al mondo della Missione ad Gentes, ci uniamo ai nostri fratelli Comboniani per esprimere la gioia per il grande dono che il Santo Padre ha fatto alla Chiesa tutta e alla Chiesa Missionaria in particolare, elevando agli onori dell’altare questa grande figura di apostolo che richiama e ripropone le grandi personalità missionarie antiche e moderne. Lo Spirito di Daniele Comboni riecheggia altri amanti della terra africana, come Giustino De Iacobi e il Confratello Cappuccino Card. Guglielmo Massaia, Charles de Foucauld. Come questi apostoli anche Comboni, oltre ad avere donato la vita per i fratelli, ha suscitato un grande movimento religioso e laico, che ha saputo far sorgere nelle comunità, con tanti missionari e missionarie che lo hanno seguito in Africa, iniziative di sostegno spirituale e materiale al mondo africano e all’intervento della dimensione missionaria nelle Chiese locali. Dalla sua biografia appare chiaro che fin da bambino Daniele aveva nel cuore il germoglio della vocazione. Col passare del tempo realizzò il suo sogno, divenendo missionario dell’Africa. Con innumerevoli sacrifici portò avanti il suo ideale, il suo amore per difendere quelli che erano fatti schiavi. La sua vita fu breve, ma il seme da Lui gettato era caduto in terreno fertile. Ora ci sono i suoi missionari che, con nobili sentimenti umani, si donano e si offrono ai fratelli del mondo per amore di Gesù Cristo e del loro fondatore. L’evento della sua Canonizzazione non deve muoverci solo ad un gioioso grazie, e alla solita contemplazione di un autentico “campione” dell’evangelizzazione, ma deve darci l’opportunità per riscoprire la dedizione al servizio degli altri e a far rivivere nella nostra vita pratica la riconoscenza per il dono ricevuto nella fede; nonché di risveglio dello spirito missionario nei nostri gruppi o comunità missionarie, per crescere sempre di più nell’annuncio di fede detta e vissuta.

fra Corrado

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Giugno 2003

Vacanze fai da te? Certo, ma con amore!

Voglio sperare vivamente che quando verrà posto in stampa il nostro giornalino, vale a dire nella prima metà di Maggio, non si parli più di guerra né di lacerazioni e contrasti tra popoli e nazioni e la pace sia definitivamente raggiunta. Intanto prego e invito amici e fratelli a pregare e a fare penitenza come il Papa raccomanda affinchè si affrettino i giorni della riconciliazione. In prossimità dell’estate voglio ricordare, come sono solito fare ogni anno, che è giusto e doveroso programmarci un periodo di vacanze durante il quale trovi distensione, respiro e riposo il nostro fisico, arricchendo profondamente il nostro spirito che durante la routine stressante del lavoro e anche degli eccessivi impegni pastorali, rischia di inaridirsi. Modalità per realizzare vacanze diverse ne abbiamo a sufficienza e ormai è inutile ricordarle perché le conosciamo e ne abbiamo fatto esperienza, sia come gruppo e anche individualmente. Mi permetto solo di esortare e invitare tutti a far tesoro di questo periodo e dei mezzi che esso ci offre per crescere nella comunione con Dio e con i fratelli. Il nostro Centro di Animazione Missionaria organizza anche quest’anno l’esperienza di condivisione missionaria in Tanzania, alla quale parteciperanno alcuni giovani volontari accompagnati dal P. Flavio. È un esperienza nella quale crediamo ancora e la riteniamo educativa e formativa e i risultati positivi verificati ce ne danno conferma. Forse non tutti i gruppi missionari la ritengono necessaria, pensando ad altri modi di collaborazione. Altri invece non vivono più l’entusiasmo di un tempo avendo dimenticato troppo presto quanto da queste esperienze hanno ricevuto. Comunque il nostro Segretariato continua ad avere fiducia nelle nuove leve che manifestano desiderio e volontà di dare segni concreti di condivisione. Soprattutto sono i confratelli Missionari che insistono sulla validità delle esperienza, vantaggiosa anche per i fratelli africani, dandoci sempre suggerimenti per migliorare queste nostre iniziative e mini-progetti. Intanto preghiamo lo Spirito del Signore, perché ci illumini nel cammino che dobbiamo compiere e soprattutto sulle scelte che è opportuno fare, facendoci condurre dove lo Spirito vuole e come vuole, anche se umanamente parlando dovremmo affrontare qualche sacrificio. A nome del nostro Centro auguriamo a tutti buone vacanze.

fra Corrado

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Marzo 2003

Ancora sperare

Ho cercato sempre di dare messaggi di speranza, ma riconosco che non è sempre facile essere assertore convinto di speranza, dopo tutto ciò che da tempo accade nel nostro mondo. Sentimenti contrastanti invadono il nostro cuore e la nostra mente di fronte alla condizione dei deboli, degli oppressi, dei profughi, degli emarginati e dei torturati. Nonché di fronte alla violenza di coloro che uccidono, devastano, bruciano. Eppure mi dico che se ci deve essere speranza, ci deve essere anche per questi… perché la speranza non ha colori, né confini, non è retaggio della vittima, che a sua volta può diventare potenzialmente oppressore. La speranza di ricostruire insieme un mondo, alla cui distruzione tutti hanno e abbiamo partecipato, deve essere un imperativo che contrasti la prepotenza bellica dell’odio, lo sforzo di egoismo dominante; dobbiamo, come ha ricordato il Papa Giovanni Paolo II in un suo messaggio per la Giornata della Pace, imporre una prepotenza etica che ci faccia sperare per la città del futuro. Questa deve essere la risposta del Cristiano alla volontà di potenza dell’egoismo, dell’individualismo, dell’indifferenza di questo deserto mondiale in cui agonizza l’etica sociale. Se così non è, chi potrà dare al padre la sua famiglia, alla madre il suo neonato, agli orfani dei genitori, ai martoriati i loro arti, a chi piange restituire il sorriso? Deve ritornare la speranza, la voglia di vivere, di perdonare, di dimenticare, anche se è difficile dimenticare col cuore, mentre la ragione può farlo più asetticamente… deve fortificarsi la voglia di ricostruire ex novo una società che sta scomparendo in varie parti del mondo. Dobbiamo pensare, riflettere su cosa l’umanità intera ha fatto attivamente o passivamente con la sua apatia e incoerenza in Palestina, in Afghanistan, nella zona dei grandi laghi in Africa, in America Latina e in altri innumerevoli luoghi, dei quali solo superficialmente siamo informati. In tutti questi casi ci troviamo di fronte ad attentati alla vita e al trionfo della sua negazione. Per non dimenticare dobbiamo lottare tutti nel nostro quotidiano contro l’individualismo, contro l’egoismo, per la vita e i suoi valori, pagando magari anche di persona, soffrendo anche per gli altri, non solo a parole, per testimoniare una vera simpatia all’uomo e alla sua esistenza.

fra Corrado

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