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Dicembre 2001

Ma Cristo ha già vinto l'odio e la morte

Siamo di nuovo a Natale, e quale augurio posso formulare in questo momento tragico per l’umanità, se non un augurio di speranza! Oggi più che mai il mondo ha bisogno di speranza e di risposta alla propria speranza. Ne abbiamo bisogno per vincere le nostre paure: del domani, delle guerre, della morte. Ne abbiamo bisogno per credere in un mondo diverso: senza fame, senza ingiustizie, senza violenze, senza sopraffazioni. Ne abbiamo bisogno tutti: ricchi e poveri, giovani e anziani, deboli e potenti, del Nord e del Sud del nostro pianeta. Abbiamo bisogno di speranza. Ma dove trovarla? La stella di Natale, che guidò i Magi a Betlemme, ci indica la nascita di Gesù. La speranza del mondo nasce là, a Betlemme, nasce con Gesù e, ad ogni Natale, si rinnova e rinasce con Lui. È una speranza non solo dei poveri, ma nei poveri, perché è la speranza incarnata in un povero, Gesù. Infatti il mondo non lo salveranno i potenti, i grandi, i violenti o i terroristi, ma i deboli, gli umili, i poveri, i piccoli. La speranza che viene da Betlemme è affidata ad una parola “il verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”, non in mezzo ai chiacchiericci e ai balbettii degli uomini. Quella che viene da Betlemme è una speranza di autentica liberazione, perché chi nasce in quella grotta è l’Unico che può liberarci dall’egoismo, dall’odio e dalla violenza, dalla superficialità e dalla rispettabilità farisaica, dagli umanesimi dimezzati, dai nostri peccati di ieri e di oggi. Quella che viene dal presepe è una speranza per tutto l’uomo, perché Gesù è venuto per salvare tutto l’uomo, nello spirito e nella carne. Ed è per questo una speranza per la storia. Per la nostra storia personale e sociale. A Natale infatti Cristo entra nella storia, fa propria la vicenda umana, con ciò che ha di più grande e di più bello, ma anche con ciò che vi è di meschino, vile, peccaminoso. È una speranza che ci richiama all’impegno, alla presenza, all’azione. È il dinamismo di Colui che viene per liberare. Una speranza quindi che si fonda sull’amore non, sulla potenza, sul denaro, sulle armi. E neppure sul sapere. L’amore, è vero, sembra troppo debole per vincere le potenze del mondo, ma il Natale ci dice che è proprio l’amore a vincere. A cosa servirono la potenza e l’odio di Erode, di fronte all’indifeso amore incarnato? Infine la speranza che viene da Betlemme è l’unica che non può deludere, perché fondata sull’Emmanuele, Dio con noi… È una speranza che non rifiuta l’impegno dell’uomo, che cerca soluzioni attraverso dialoghi e nuove e più umane relazioni, ma che affonda le sue radici nel Mistero di Cristo Gesù. Solo la speranza nell’uomo Gesù Cristo ci rende capaci di sperare negli altri uomini e di creare un futuro migliore. In Lui la vita umana diventa possibile e vale la pena di essere vissuta. Perché basata sulla potenza della sua Resurrezione, che è la grande vittoria della vita sulla morte, dell’amore di Dio sull’odio degli uomini.

fra Corrado

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Ottobre 2001

Lo slancio delle origini

Amici e fratelli carissimi, con il Mese di Settembre il C.A.M. di Prato riprende il suo cammino, arricchito degli stimoli che abbiamo ricevuto nei Convegni e negli incontri di formazione precedenti, ma soprattutto dagli inviti che Giovanni Paolo II ci ha rivolto con la Lettera Apostolica “Novo Millennio Ineunte”. Il Papa parte dalla scena descritta da Luca al capitolo 5, con i fatti che si susseguono fino al versetto 11. Piace a noi riportare qui alcune riflessioni del Card. Tettamanzi contenute nella prefazione della Lettera Apostolica, che ci aiuteranno a farci coinvolgere nel nuovo cammino. “Prendete il largo”. Questa Parola di Gesù la troviamo all’inizio della lettera del Papa, che così scrive: “All’inizio del nuovo millennio, mentre si chiude il grande Giubileo in cui abbiamo celebrato i duemila anni della nascita di Cristo e un nuovo tratto di cammino si apre per la Chiesa, riecheggiano nel nostro cuore le parole con cui un giorno Gesù, dopo aver parlato alle folle dalla barca di Simone, invitò l’apostolo a prendere il largo per la pesca. (Lc.5,4). Pietro e i suoi compagni si fidarono della Parola di Cristo e gettarono le reti. E avendolo fatto, presero una grande quantità di pesci”. Questa Parola risuona oggi per noi, e ci invita a fare memoria del passato, a vivere con passione il presente, ad aprirci con fiducia al futuro: “Gesù Cristo è lo stesso, ieri, oggi e sempre” (Eb.13,8). La scena ha luogo dunque sulle rive del lago di Genezaret o di Tiberìade, dove avvengono l’annuncio e l’ascolto della Parola, e nel mare dove si svolge la pesca miracolosa. Su tutto emerge la figura di Gesù: è il missionario evangelico che passa da una contrada all’altra seguito dalla folla, è il Maestro che sulla barca insegna come da una cattedra. Ci colpisce, in questa prima scena, la folla che fa ressa intorno a Gesù “per ascoltare la parola di Dio”. La Novo Millennio Ineunte, centrata com’è sulla contemplazione del volto del Signore Gesù, sottolinea con chiarezza e con forza lo spazio irrinunciabile che, nella vita e nell’azione della Chiesa, deve essere assicurato dall’ascolto della Parola di Dio. E il Papa ci ricorda che la contemplazione del volto di Cristo non può che ispirarsi a quanto di Lui ci dice la Sacra Scrittura. Ma ancor più stimolante è l’ultima scena presentata da Luca, che assume toni entusiasmanti nella colorazione che il Papa gli dà nella sua lettera. Questa scena possiamo chiamarla “Chiamata all’apostolato”. “Non temere, da qui avanti sarai pescatore di uomini e... tirate le barche a terra lo seguirono”. (Lc. 5, 10-11). Simon Pietro aveva detto “Allontanati da me”; Gesù invece gli si avvicina, supera la distanza, lo incoraggia e gli apre un nuovo futuro, quello della “Missione”, con la quale lo associa alla sua stessa Missione: come fino a quel momento Simone aveva catturato pesci nel lago con la rete, così d’ora in poi dovrà catturare uomini per il Regno di Dio utilizzando la rete della Parola.” La Missione di Pietro è anche la Missione degli apostoli e, pur se in forme diverse, è la missione di tutti i discepoli di Gesù: essere annunciatori della Parola che salva, annunciatori della persona viva di Cristo, la Parola di Dio fatta carne. Per il Papa, all’inizio del nuovo millennio, l’evangelizzazione è la priorità della Chiesa. Per questo egli afferma: “Occorre riaccendere in noi lo slancio delle origini, lasciandoci pervadere dall’ardore della predicazione apostolica seguita alla Pentecoste. Dobbiamo rivivere in noi il sentimento infuocato di Paolo, il quale esclamava: “Guai a me se non predicassi il Vangelo!” (1Cor. 9,16). E conclude: “Questa Passione non mancherà di suscitare nella Chiesa una nuova missionarietà, che non dovrà essere demandata ad una porzione di specialisti, ma dovrà coinvolgere la responsabilità di tutti i membri del popolo di Dio. Chi ha incontrato veramente Cristo, non può tenerselo per sé, deve annunciarlo”. (N°40). Auguro a me stesso e a voi tutti, che con noi collaborate, di essere pienamente coinvolti in questo invito del Papa.

fra Corrado per il C.A.M.

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Giugno 2001

I cerchi della missione

I Vescovi italiani all’inizio del Millennio ci hanno proposto un documento di capitale importanza: “comunicare il vangelo in un mondo che cambia“. In esso vengono tracciati gli orientamenti pastorali che dovranno caratterizzare le nostre chiese in questo primo decennio. Quando si afferma che questo mondo cambia, più che sottolineare un dato di fatto, si coglie un’attesa. Il cambiamento, cioè, è veramente desiderato. Ce n’è urgente desiderio, c’è fame e sete di un futuro nuovo e diverso. A questo desiderio, a questa fame e sete, il Vangelo può e deve essere offerto come la vera novità, come una sorgente che rinfranca e rigenera gli animi sfiduciati e affranti. La rivista della Federazione Stampa Missionaria Italiana commenta così il nuovo documento: “Un primo sentimento ci sembra doveroso manifestare ed è di gioia per il fatto che la Conferenza Episcopale Italiana imbocca decisamente la via della Missione. La Conversione Pastorale operata al Convegno di Palermo porta a questa conclusione: non si può vivere il Vangelo senza comunicarlo. Al n° 46 si parla di due livelli di Comunità: il livello Eucaristico, formato dai cristiani che partecipano alla Messa domenicale, e il livello battesimale, formato da quei battezzati che non hanno che rapporti sporadici (in occasioni particolari della vita) e che rischiano perfino di dimenticare il loro Battesimo e di cadere nell’incredulità. La prima comunicazione di Vangelo deve avvenire fra questi due livelli: i cristiani che vanno e partecipano seriamente all’Eucarestia, devono comunicare nel Vangelo con i loro fratelli che ne conservano solo deboli tracce. È la prima uscita che i Vescovi chiedono, si potrebbe dire il primo cerchio della Missione. Lo stesso n° 46 del Documento continua: Se questi due livelli saranno assunti seriamente e responsabilmente, saremo aiutati ad allargare il nostro sguardo a quanti hanno aderito ad altre religioni e ai non battezzati presenti nelle nostre terre. Anche la vera e propria Missione ad gentes, già indicata come paradigma della evangelizzazione dalla Lettera Apostolica Novo millennio ineunte di Giovanni Paolo II, riprenderà vigore e il suo significato diventerà pienamente intelligibile nelle nostre comunità ecclesiali” A mio parere è proprio qui che si colloca l’impegno di ogni Centro Missionario e di ogni servizio di animazione alla missionarietà. Ricordare che fare missione è essere Chiesa. E che mandare missionari, preti o frati, suore o laici, famiglie o equipes tra i popoli e i poveri della terra... e accompagnarli e sostenerli, è compito di ogni comunità cristiana, di ogni parrocchia, associazione o gruppo. Se questo non è assolto, o è assolto in modo evanescente, vengono meno le condizioni per la missione sul nostro territorio. La Missione sul territorio - lo dico per l’esperienza di tanti anni di parrocchia - è sempre in qualche modo, una missione di ritorno. A me piace chiamarla: viaggio Nord-Sud, ma di andata e ritorno.

A cura di fra Corrado

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Marzo 2001

Grazie, fratello Vescovo Bernardo

Il 22 Febbraio prossimo, Sua Ecc.za Mons. Giovanni Gremoli Vicario Apostolico di Arabia celebra il 50° della sua Ordinazione Sacerdotale e il 25° di Episcopato. E’ giusto e doveroso, nonché fraterno, da parte del nostro Centro di Animazione Missionaria, dedicare alcune pagine della rivista Eco delle Missioni alla sua persona, per molti di noi amica e fraterna e alla sua opera apostolica, che merita di essere presentata e letta con attenzione e ammirazione. Sua Ecc.za Mons. Gremoli, fu per noi P. Bernardo e tale egli volle rimanere. Per 21 anni è stato Segretario dell’animazione missionaria dei Cappuccini toscani, sostenuto da validi collaboratori come P. Lamberto Bigagli prima e P. Oneglio Bacci poi, destinato questo ad esserne il successore nel 1976. Non possiamo dimenticare, come P. Bernardo assunto l’incarico, lentamente, passo dopo passo, con tenace volontà, anno dopo anno, dette al Segretariato Missioni Estere una configurazione nuova, solida e funzionale. L’animazione iniziò nelle fraternità conventuali, soprattutto nelle nostre case di formazione. Fu allora che molti di noi, giovani studenti fummo contaminati da “quell’entusiasmo di Bernardone, (così si esprimeva l’anziano Lettore di morale di felice memoria), che ancora ci accompagna e che a me ha dato il coraggio o la presunzione, non so, di seguirlo in questo delicato incarico. Dalle fraternità religiose passò al coinvolgimento dell’O.F.S. e della Gi.Fra., delle parrocchie e non solo quelle cappuccine. Fu una fioritura di gruppi di laici a servizio delle Missioni, di laboratori missionari, ancora esistenti ed efficienti. Mostre permanenti e periodiche, giornate missionarie, al fine di sostenere anche sul piano economico le nascenti chiese per la promozione delle popolazioni in via di sviluppo. Ma il nome di P. Bernardo, anche se la Chiesa lo ha condotto in territorio arabo, è legato all’Africa, alla Missione di Mpwapwa (Tanzania) che possiamo ritenere con tutta verità, un suo progetto, una sua creatura. Chiusa l’India all’invio di nuovi missionari, P. Bernardo concepì ed intraprese con fermezza e costanza, nonostante qualche parere non favorevole, l’apertura di questa nuova missione in terra d’Africa, divenuta oggi Provincia Religiosa Cappuccina del grande Continente Nero. Così furono indirizzate le nuove giovani forze, desiderose di continuare la tradizione del primo annuncio evangelico sempre presenti nella nostra provincia toscana. Questa nuova presenza in terra d’Africa suscitò in P. Bernardo altre iniziative soprattutto per la formazione alla missionarietà del mondo laico giovanile e tra queste nacquero i Campi-Lavoro, che a partire dal 1971 sono stati ripetuti quasi ogni anno fino ad oggi. Questa esperienza è stata riconosciuta molto valida per la crescita della vocazione cristiana che non può non essere missionaria, per tutti coloro che vi partecipano. Curò molto la formazione anche mediante visite ai gruppi di collaboratori laici, organizzando incontri e convegni e creando il Bollettino di informazione Eco delle Missioni, ancora esistente… I suoi numerosi e faticosi viaggi in terra di Missione, il rapporto fraterno con i missionari e con le autorità dei luoghi visitati, contribuirono ad arricchirlo di esperienze nonché di quella capacità dialogica tanto necessaria per la convivenza pacifica e per operare in serenità per il Regno di Dio, che unite agli studi compiuti e alla conseguita Laurea in Diritto Missionario presso il Pontificio Ateneo Urbaniano, gli meritarono la Consacrazione Episcopale in occasione della Celebrazione del 25° di Sacerdozio il 22 Febbraio del 1976. La partenza di P. Bernardo per il Vicariato Apostolico d’Arabia ci rattristò un po’. P. Bernardo ci lasciò inizialmente orfani, ma il suo zelo, il suo insegnamento erano rimasti nella mente e nel cuore dei collaboratori e del successore, confortati e sorretti dalla presenza affettiva e dall’illuminato consiglio del fratello Presule. In altre pagine il servizio pastorale degli anni vissuti nel Vicariato. Dalla sede del C.A.M. parte il coro di auguri e felicitazioni di tutta la Toscana Missionaria nonché una preghiera perché il Signore continui a farci dono della sua presenza e della sua esperienza. Grazie Fratello Vescovo Bernardo!

fr. Corrado e tutti i collaboratori

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