Giugno 2000

Non è ancora Carità

Nel linguaggio corrente e di massa, purtroppo, la carità si identifica con elemosina, oggi tornata di attualità per il fenomeno ormai ingovernabile dell’accattonaggio che ci perseguita ad ogni passo. Quando invece la parola passa ai mezzi di comunicazione, dire elemosina sa troppo di sacrestia e di straccioni puzzolenti e ciò non si addice ai salotti lustri della TV; ed ecco che il medesimo gesto viene definito beneficenza. In momenti di calamità eccezionali o di casi angoscianti il tamburo rulla sugli schermi e sulle pagine, si toccano le corde dell’emozione che provocano così gesti improvvisi e impetuosi di generosità: Albania, Kosovo, Mozambico ecc. Ma conosciamo bene la legge spietata della sponsorizzazione. Un passo in avanti. Sì, possiamo dire che un passo in avanti è stato fatto, chiamiamolo salto di qualità. Di fronte all’oceano immenso delle emarginazioni, dell’urgenza sanitaria, dei recuperi morali e sociali, di ogni condizione disastrata di vita, è nata una forma più alta, articolata ed efficace di aiuto che è l’assistenza. Le forme sono molteplici, con milioni di persone che si dedicano senza lucro a questo volontariato in soccorso dei bisognosi. Basti pensare ai numerosi giovani presenti nel servizio alle Missioni, sia con scelte di presenze temporanee, come definitive. Un vero salto di qualità, ben diverso dall’elemosina occasionale o dall’emozione del momento. Siamo alla cultura della solidarietà; qui stanno i veri valori della promozione umana, sia per chi dà che per chi riceve. Una cosa ancora manca. Quando Gesù incontrò un giovane ricco ma ancora onesto e che poteva rispondergli di osservare tutti i comandamenti, gli disse: «Una cosa ancora ti manca: Vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi». Dare, si deve dare, ognuno secondo la propria possibilità e vocazione, ma Gesù fa notare che si deve aggiungere uno stile, un seguito che è seguire lui. Per qualcuno potrà essere la sequela diretta all’opera dell’evangelizzazione, ma per tutti significa che il fare deve essere eseguito seguendo il suo stile. E Cristo non solo ha dato ai poveri, ai malati, ma si è dato, ha dato se stesso, il suo sentire, il suo amore che è arrivato sino alla fine, cioè il dono della sua stessa vita: ha consumato se stesso e non soltanto i suoi averi. Questa è la carità cristiana, questo suo stile è sostanzialmente diverso dall’elemosina, dalla beneficenza, e dall’assistenza. E’ diversa perché si trascina dietro i poveri nel cuore, tutti e per sempre. Riempire di doni le mani del povero senza incartarli nell’amore è come spedire un pacco senza mittente: sempre e soltanto una cosa.

fr. Corrado

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