Albania
Cappuccini e
laici francescani
missionari insieme
Condividere la vocazione che il Signore ci ha donato e portarla agli altri
Ci eravamo lasciati l’anno scorso con l’opportunità, che era stata offerta ai terziari francescani italiani da Padre Bonaventura, di un Progetto Missionario da far crescere e sviluppare in terra albanese, in prima persona, come laici a servizio della Chiesa.
Non ci siamo voluti perdere quest’occasione ed il lavoro durante quest’anno è stato ricco e fruttuoso!
Come Centro Missionario nazionale O.F.S. abbiamo proposto un Corso residenziale per il Volontariato internazionale, strutturato in tre fine settimana a Borgo S. Lorenzo, che si è sviluppato attraverso il significato del servizio missionario, l’importanza dell’inculturazione e della promozione umana come strumenti privilegiati di evangelizzazione, la condivisione ed il confronto con aspetti e persone della cultura albanese. La proposta era quella di sensibilizzare ad un volontariato segno di una cittadinanza attiva, che si pone in ascolto dei bisogni ed è espressione di una maturità sociale ed ecclesiale, che non si limita ad un aiuto al missionario, ma che accoglie con piena responsabilità l’impegno di una presenza come laici in terra di missione.
I Padri Cappuccini dal 1997 sono presenti a Scutari e si sono presi cura della popolazione Magjyp, il cui villaggio si trova vicino al Convento. Questo gruppo etnico, per ragioni storico-sociali, - sono discendenti degli schiavi durante la dominazione turca - non hanno modo di socializzare con altri gruppi perchè vengono continuamente emarginati e discriminati. Per questo motivo i missionari Cappuccini hanno dato vita ad una piccola scuola dedicata al beato Zefirino di origine zingara, che ha dato la possibilità di un istruzione ai bambini che altrimenti non l’avrebbero ricevuta.
Noi, come gruppo missionario laico, abbiamo scelto di continuare il Progetto Beato Zefirino durante la chiusura estiva della scuola, organizzando una serie di attività formative integrative al programma scolastico e di animazione sociale ed inoltre curando, insieme agli adulti della zona, la sistemazione delle aree esterne al villaggio con la bonifica dalle immondizie e tramite opere murarie ed artistiche, che diano dignità ad un luogo altrimenti totalmente trascurato.
Così sono stati programmati i due campi lavoro: dal 30 giugno al 13 Luglio, a cui hanno partecipato Rosa e Benedetta Galimberti, Maria Luisa Marzatico e Teresa Sirtori dalla regione Lombardia; dal 9 al 23 Agosto con la partecipazione di frate Enrico Valdambrini , Leopoldo Campinotti, Candida Mantini, Ilaria Dabizzi dalla Toscana e Daniela Fallibene dal Lazio.
Credo che, dopo questa premessa un po’ asettica e puntuale, è il momento di dare spazio a quello che ha significato per me quest’esperienza. La parola chiave credo che sia stata condivisione: sia chi ha dedicato il proprio tempo ai bambini, tramite laboratori di educazione artistica e di avviamento alla manipolazione della creta, giochi, gite al mare e visite alla città, sia chi si è dedicato alla costruzione del muro, (il capo mastro frate Enrico e il suo manovale Leopoldo) ha avuto un contatto stretto e diretto con la vita del villaggio e con le persone che lo abitano. Un altro aspetto importante era che eravamo lì come famiglia francescana, come frati e laici francescani che volevano condividere la vocazione che il Signore ci ha donato e portarla agli altri; come fraternità ognuno con i propri carismi da consacrati, laici, padri e madri in mezzo ad un villaggio composto da persone in maggioranza musulmane, con cui condividevamo divertimento e una piccola parte di vita...
Molti sono i frutti visibili di questo incontro e, sono convinta, molti di più quelli che ancora non riusciamo a vedere. Per questo invito tutti quelli interessati a questa avventura a partecipare al:
Convegno Missionario Nazionale
...e li inviò a due a due
che si terrà al Progetto Tau ad Assisi dal 13 al 15 Ottobre.
Vi aspettiamo!
Un mare di emozioni
Fr. Enrico Valdambrini racconta
la sua esperienza in Albania
Cosa dire di questa esperienza; l’ho desiderata un anno intero e pareva che il Signore non aprisse le strade. Adesso che rifletto sui giorni passati in Albania non posso che ringraziarLo.
In
primo luogo per i compagni di viaggio che mi ha dato. Leopoldo, padre di cinque
bambini con il quale ho condiviso il duro lavoro di costruzione di un muro con
pochissimi attrezzi. Ilaria, impegnata nel sociale nella lotta alle tossicodipendenze,
si è prodigata tantissimo perché questa esperienza fosse fatta ed è stata bravissima
nel superare qualsiasi disagio. Daniela, impiegata nel settore dei computers,
è stata molto apprezzata dai ragazzi Magjyp. Candida, lavora in una agenzia
di viaggi, con la sua presenza sempre discreta e attenta ha attirato le simpatie
di tutti noi.
Di questa esperienza posso dire che più di tutto mi hanno colpito i bambini che abbiamo conosciuto: i bambini Magjyp. Con loro ogni giorno ci riunivamo su un bel prato ed era molto bello vederli come ricercavano l’affetto delle persone. Insieme facevamo dei canti italiani con la chitarra e anche se loro non conoscevano le canzoni cercavano di venirci dietro e si divertivano ballando e saltando.
Una delle esperienze più intense l’ho vissuta la vigilia dell’Assunta quando, dopo una giornata di lavoro, abbiamo recitato i vespri lungo il lago, insieme ad un gruppo di seminaristi milanesi, ed è stata un’emozione intensa. Tra le altre cose abbiamo letto una lettera che un capo indiano ha scritto nell ‘800 al Presidente degli Stati Uniti di allora. La lettera diceva che la Terra è nostra madre e il cielo è nostro padre e tutto quello che di male facciamo alla natura si ripercuote su tutti noi.
In quel momento ho sentito molto forte il richiamo di pregare la nostra Madre, cioè Maria Assunta, la nostra vera Madre.
Inoltre ricordo volentieri anche la recita dell’Angelus fatta interrompendo il lavoro, a mezzogiorno.q
Ci vorrebbe
il portafoglio a
fisarmonica!
Fr. Giorgio
Carissimi amici sembra impossibile che in una città dove si pensa ci sia benessere, ci siano tanti ma tanti poveri. Tutti quelli dei villaggi vicini si riversano nella grande metropoli di Dar es Salaam in cerca di qualcosa di meglio per riempire lo stomaco.
Se cammini in centro, ogni due metri ce n’è uno che stende la mano: lebbrosi, paralitici, vecchi, ciechi, bambini, ecc.
Se vai in macchina, ad ogni semaforo ci sono ancora loro: cinque, dieci, quindici, in fila, passano rasentando le auto ferme e stendono la mano. Vai in Cattedrale e fai per entrare dalle Suore Paoline, lì trovi cinque lebbrosi, insomma, è pieno. Ci vorrebbe il portafoglio a fisarmonica e ogni giorno che esci fai la carità.
Nella nostra parrocchia di Upanga c’è l’usanza, che i cristiani si tassano. Ogni prima domenica del mese c’è la raccolta per i poveri; quando tanto, quando poco; comunque si cerca di fare del nostro meglio.
Ogni giorno, come di consueto, suona il campanello almeno una decina di volte. Vai e trovi loro (i poveri). Ci vorrebbe una persona apposta per questo. Per mancanza di personale abbiamo stabilito che ogni 15 del mese vengano tutti, così tutti hanno qualcosa da portare a casa; alle loro capanne. Ogni volta sono 140 -150 e qualche volta anche di più.
Verso le otto del mattino una massa di gente esce da ogni angolo della città; alcuni si sono incamminati nella notte per arrivare presto. Scivolano come un grande fiume entro gli argini della strada. Bambini, donne, uomini, gli ultimi fra gli ultimi nella sconfinata miseria della metropoli: i fratelli dimenticati; i rifiutati di una società che li considera un fastidio, gente fuori uso, senza diritti. Vengono in silenzio; piano piano; riempiono lo spazio dietro la chiesa, sospinti gli uni dagli altri; avanzano come fantasmi. Bimbi scheletriti dalla fame, sporchi, con gli occhi gonfi di sonno; le madri giovanissime, ma già vecchie di sofferenza, con i neonati addormentati sulla spalla; gli storpi che orientano i ciechi; i lebbrosi con le loro mutilazioni, trainati su rudimentali biciclette, o carretti, o sulle stampelle. Sfilano uno ad uno, mostrano il loro sacchetto per la farina, prendono i loro soldi per il viaggio e si allontanano, silenziosamente.
In tutti noto una certa dignità e una compostezza che dà ai loro gesti un senso di sacralità. Sembra che la farina non basti (300-400 Kg.), invece ce n’è per tutti; come pure i soldi. Penso fra me: in quelle donne, in quegli uomini crocifissi nel mistero di un’ingiusta sofferenza è Gesù, vittima, ultimo tra gli ultimi.
Ci sarà qualcuno che vorrà aiutarci a dare un po’ di felicità, una vita più dignitosa a questi nostri fratelli?q
Pace e bene Fr. Giorgio