Rimetti a noi i nostri debiti
La solidarietà secondo
il SUD del mondo
Prato: 26-27 Febbraio
Incontro di formazione
alla missionarietà

Prato - Partecipanti all’incontro di Formazione Missionaria

Il Prof. Giovanni Minnucci, docente di Storia del diritto Italiano e di Diritto Canonico presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Siena, ha intrattenuto i gruppi di animazione missionaria della Toscana chiamati al Centro regionale sul significato dell’evento giubilare rapportato in particolare al problema del debito dei paesi del Terzo Mondo.
Incontrarsi a Prato è stato molto bello e vale la pena riflettere sull’impegno che questo evento ci chiama a concretizzare.
Giovanni Minnucci - relatore dell'incontroSignificato che non si racchiude in un ricco festeggiamento esteriore e non sta neppure nell’amletico dilemma sul fatto che Secolo e Millennio inizino il 1° Gennaio 2000 o invece (come ormai gli storici unanimamente affermano) il 1° Gennaio 2001.
Il significato del Giubileo affonda le proprie radici nella Sacra Scrittura.
Già il popolo ebraico conosceva la pratica giubilare come attesta il libro del Levitico (25, 1-13) che cadeva ogni 50 anni. Questa si pone in stretta relazione con l’anno sabbatico e con la festa del sabato: dopo sei giorni di riposo il settimo si riposa, dopo sei anni di lavoro il settimo sarà come il sabato un riposo assoluto della terra. Su quest’ordine dopo sette volte sette anni ci sarà un anno giubilare (da Jobel il corno che viene suonato per l’inaugurazione) a perenne memoria che la terra appartiene al Signore e nel medesimo tempo si condonano i debiti e si restituisce la libertà ai prigionieri e agli schiavi.
Si trattava di un moto ideale piuttosto che di un’osservanza rigorosa.
Infatti Gesù nel tempio, aperto il rotolo della Scrittura legge dal profeta Isaia: «lo Spirito del Signore è su di me e mi ha consacrato con l’unzione e mi ha inviato ad annunziare (...) ai prigionieri la liberazione, ai ciechi la vista e a proclamare un anno di grazia del Signore».
(Lc. 4,18-22)
Dai fondamenti biblici seguono quelli storici, infatti trova derivazione dalla grande importanza che veniva data alla pena comminata dal sacerdote per l’assoluzione dai peccati ed espiazione della colpa nel sacramento della Confessione.
In alcuni periodi storici e per determinati peccati molto gravi erano previste delle penitenze così lunghe che potevano durare diversi anni (la pena veniva misurata in quaresime, periodi cioè di quaranta giorni che si susseguivano durante uno stesso anno). Talvolta, considerando l’età media molto più breve dell’attuale, poteva accadere che il penitente morisse prima di aver completato la penitenza.
Fu Papa Bonifacio VIII ad indire il giorno 22 Febbraio del 1300 il primo Giubileo facendolo retroagire al giorno di Natale del 1299.
Fin da allora il Papa fu attento a specificare che più di ogni altra cosa contava l’animus, cioè l’atteggiamento interiore, oggi si direbbe psicologico, del fedele che doveva essere quello di completo rinnovamento e conversione.
Attraverso il sacramento della Confessione il sacerdote assolve dalle colpe e commina una sanzione che può essere condonata attraverso le pratiche giubilari.
 
Anche oggi nell’era della multimedialità, della globalizzazione il Giubileo può avere significato, soprattutto in relazione alle profonde disparità economiche esistenti fra le diverse parti del pianeta.
L’attuale Pontefice, nel 1994 con la lettera Apostolica Tertio Millennio Adveniente pone principi cardine.
Egli indica che il primo fondamento è il mistero dell’Incarnazione e non solo come dogma di fede, ma realtà viva di un Dio che si incarna nella storia personale di ciascuno. Da questo discende una grande responsabilità, oltre ad un pellegrinaggio che sia degno di essere chiamato così, ci chiede di prendere posizione sui problemi religiosi verso una riscoperta dei valori umani fondamentali e uno stile di vita sobrio.
"Così nello Spirito del Libro del Levitico, i cristiani dovranno farsi voce di tutti i poveri del mondo, proponendo il Giubileo come tempo opportuno per pensare tra l’altro, ad un consistente se non proprio al totale condono, del debito internazionale che pesa sul destino delle Nazioni"
TMA 51 pag 47.
Padre AngelicoQuesto è quanto vorremmo risultasse da nuovi programmi economici ed è quanto sostengono come necessità imprescindibili le associazioni di volontariato internazionale come l’L.V.I.A.
Si tratta di restituire quanto nel corso della storia è stato sottratto alle popolazioni dai vari conquistadores e colonialisti, magari introducendo correttivi etici, morali e legali alle ferree leggi del denaro e del potere.
Questo può e deve essere l’obiettivo di battaglie politiche nelle sedi istituzionali, ma nel frattempo, mentre aspettiamo che qualcosa cambi al vertice occorre pensare a cambiare noi stessi, la nostra mentalità e la nostra coscienza.
Le parole - consumo critico - scelta dei prodotti provenienti dai Paesi del Terzo Mondo - stile di vita sobrio, che non necessariamente significa sciatteria e cattivo gusto ma forse evitare di farci condizionare dalle immagini stereotipate della pubblicità, boicottaggio per motivi etici, ad esempio verso gli Istituti di credito che favoriscono o investono in armi, devono diventare nostre.
Cominciare a sentire che questi problemi mi riguardano direttamente.
Il debito che i paesi del Terzo Mondo hanno accumulato pur nella sua legittimità giuridica, si fonda su un dislivello tra il valore delle monete forti e quello delle monete dei vari paesi poveri.
La chiesa propone un condono o comunque una forte riduzione poiché riconosce che la dipendenza economica è una nuova forma di soggezione e in definitiva di colonialismo che si ripercuote poi sul modello politico.
Il nostro Giubileo non sarà dunque solo un pellegrinaggio o solo una pratica, ma una vera conversione del cuore e assunzione in proprio di responsabilità, che ci farà dire: «Abbà Padre, rimetti a noi i debiti dell’indifferenza e del qualunquismo, come noi li rimetteremo, in termini economici, ai più poveri del mondo; poiché tua è, non solo la Terra, ma anche il Tempo e la Storia».
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L’esperienza di padre Francesco Borri, missionario

Un pomeriggio qualsiasi, uno dei tanti vissuti in missione, durante un’attesa in macchina mi divertivo a distrarre la noia osservando i passanti, che comparendo alla spicciolata da sinistra, mi sfilavano davanti fino a scomparire dopo una manciata di secondi a destra dietro ad un angolo. Il gioco, semplice e infantile, consisteva nel cogliere le caratteristiche delle persone e in base a queste lì per lì appioppargli un nome appropriato. Fu in questa occasione che scappò fuori un tizio, che subito si beccò il nome di Bwana Msaada (Signor Aiuto), nome che poi è entrato nel mio gergo. La faccia allegra e spensierata veniva sballottata ora qua ora là dal modo di camminare, la cui centralina doveva avere qualche problema. Indossava, sbottonato sulla pelle, un giaccone pesante e foderato capace di sopportare rigori siberiani, mentre i pantaloni fini e colorati richiamavano il clima dei mari del sud. Di sicuro uno così era un cliente della boutique di Solidarietà. Mai infatti un capo di quel genere sarebbe stato portato in quel posto da chi aveva qualche guadagno da fare. Tuttavia c’era da giurarci che il giaccone, se non aveva freddo da riparare, almeno era adattissimo a trattenere i raggi del sole. Quanto poi ai calzoni potevano rimediare alla inadeguatezza del primo: lo scarico del calore nei livelli inferiori del corpo.
Eh sì! Questa Solidarietà è un po’ mattacchiona, ha un motore che si chiama amore, che gli permette di riciclare ogni cosa. Raccatta di tutto: simpatia, compassione, mode che vanno, fede, armadi troppo pieni, pance che si dilatano o che non hanno più bisogno di cibo. Chissà quante diecimilalire date per non perdere la faccia tra amici o per sbarazzarsi di qualcuno troppo petulante sono andati in medicine, in carburante, e hanno permesso a qualcuno di nascere o di guarire, di procurarsi il pane e forse a qualcuno di spassarsela senza troppa fatica! Mai nessuno potrà dipanare e raggomitolare il groviglio dei risvolti umani connessi, se non colui che tiene i conti del libro della Vita, e che annota con cura anche il bicchier d’acqua per i Bwana Msaada della terra. Personalmente devo molto a questa ragnatela di fraternità e di fede: ha dato credito alla mia parola di missionario, mi ha riempito di gioia ed è stata causa di gioia, anche se non senza preoccupazioni e fastidi. Mi sto accorgendo che la mia penna scivola nel semplicismo. E come infatti non drizzare le orecchie a quello che si dice della finanza internazionale e della trappola dei prestiti in cui tanti poveri hanno attinto come da un albero della cuccagna. Anche questa è una ragnatela, ma il ragnetto di prima si è trasformato in tarantola.
E che dire poi degli Arcobaleno, che confusi, hanno cominciato a presagire burrasca al posto di bonaccia! «Ma come - disse Abramo a Dio - saresti disposto a far perire cento giusti per castigare le migliaia che non ti sono fedeli ?». Il racconto ci dice che alla resa dei conti di quei cento giusti non v’era più traccia, così Sodoma e Gomorra furono distrutte. Ma Dio disse chiaramente che grano e zizzania possono per un poco crescere insieme per non creare guai maggiori. Così anche noi siamo certi che fino a quando Bwana Msaada potrà seguitare a sballottare in giro la sua faccia allegra e spensierata qualche giusto da contare c’è sempre. E chi dice che alla fine non si possa anche trovare qualcuno disposto a dare un’occhiata a quella centralina sfasata?q