Quando
l’amore raggiunge gli estremi confini dela terra…
- Cecilia
e Laura Pasquini
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Quando qualcuno che è stato parte della nostra vita se
ne va, nella mente affiorano mille ricordi e nel cuore si accendono
forti emozioni.
Adesso che mamma Luciana e Babbo Ottorino non sono più
con noi, tra i tanti ricordi che abbiamo di loro, emergono anche
quelli relativi alla loro “esperienza di missione”
in cui si lasciarono coinvolgere fin da quanto frequentavamo
la Gi.Fra. e poi, in modo più forte ancora, quando Cecilia,
nel 1985, partì per l’Africa come missionaria laica.
Per loro fu duro lasciare che lei seguisse la sua vocazione
missionaria ma non la contrastarono mai. Dopo oltre 20 anni,
il babbo ricordava ancora la forza con cui la mamma stringeva
la sua mano mentre l’aereo che portava Cecilia in Tanzania
si staccava dalla pista di Malpensa e durante tutta la sua permanenza
in Africa, soffrirono nel pensarla in un luogo lontano di cui
arrivavano immagini di miseria e malattia dove la comunicazione
era lenta e difficile e si preoccupavano che, nonostante l’accoglienza
fraterna dei Cappuccini Toscani e di alcune comunità
di suore italiane, lei fosse ”sola” e priva di ogni
appoggio logistico.
Il desiderio di
comunione e condivisione con la missione li portò ad
impegnarsi, insieme a Padre Corrado ed alla parrocchia dei Cappuccini
di Siena, a raccogliere vestiti ed altro da mandare il Tanzania
ed a collaborare nell’animazione missionaria tra le parrocchie
e gruppi diffondendo immagini e notizie ricevute da Cecilia.
Nel 1986 Ottorino
e Laura, partirono per il Tanzania insieme al gruppo di Siena
e lui rimase affascinato e profondamente coinvolto da quella
realtà così cara a Cecilia. A Kongwa tirava fuori
tutto il suo ingegno e le sue capacità di cavarsela in
tutto e godeva intrattenendosi con i bambini ed accompagnando
i missionari nelle loro visita ai vari villaggi o a caccia.
E nonostante avesse quasi 60 anni, cominciò a studiare
il kiswahili. Continuò a farlo durante i suoi viaggi
di pendolare tra Siena e Firenze negli ultimi anni in cui lavorava
e quando, nel 1988, tornò in Tanzania con la mamma, se
la cavò egregiamente!
Per lui, la seconda esperienza africana fu entusiasmante come
la prima ma per la mamma fu piuttosto sconvolgente: l’impatto
con quella terra, ospitale nei suoi abitanti ma “insidiosa”
per gli insetti ed animali, per la malattie e per pericoli di
ogni tipo, fu forte e quelle due settimane le sembrarono una
eternità. Comunque, la sensibilità di Luciana
per il mondo della sofferenza le permise di esprimere la sua
tenerezza e competenza infermieristica nei dispensari di Kongwa
e Kibakwe e collaborò in tutti quei lavoretti tipicamente
femminili che rendono la missione una famiglia accogliente e
generosa.
Al loro ritorno babbo e mamma continuarono a sensibilizzare
al mondo missionario tutti quelli che incontravano e sebbene
lo facessero con discrezione, arrivavano davvero al cuore della
gente. Quando Cecilia, ormai religiosa terziaria cappuccina
partì per la Corea, un nuovo mondo entrò nel loro
cuore e sebbene l’età e la malattia della mamma
non abbiano permesso loro di conoscerlo direttamente, se ne
resero partecipi rinforzando l’impegno della preghiera
ed offrendo la loro debolezza e sofferenza.
E
la missione, tanto presente nella loro vita, non venne trascurata
quando, a 9 mesi di distanza l’uno dall’altra, se
ne andarono a continuare a vivere il loro amore nella comunione
piena con l’Amore.
L’affetto con cui tanti amici ci hanno avvolto nei giorni
della loro morte si è tradotto in un bel gesto di solidarietà
con le missioni in Africa: con il denaro raccolto in occasione
del funerale di mamma, abbiamo comprato un piccolo tabernacolo
per la casa di Evinayong (Guinea Equatoriale) delle nostre Sorelle
e quello offerto in memoria di babbo lo abbiamo donato alle
missioni cappuccine in Tanzania.
Siamo certe che mamma e babbo, tornando da Dio, si siano portati
nel cuore la realtà missionaria e che ora, radiosi, intercedano
per essa davanti a Lui.
Al ricordarli in questo tempo di Pasqua che quest’anno
vivono in pienezza, vogliamo far memoria anche del loro 50°
di matrimonio che abbiamo celebrato il 30 aprile. Quel patto
d’amore stretto in una piccola chiesina di Siena, ha donato
la vita a noi e si è dilatato fino ai confini della terra
portandovi, con semplicità, quei valori belli che hanno
reso grandi mamma e babbo e che, oggi, continuano ad illuminare
la vita di tutti noi che li abbiamo conosciuti ed amati.
Ci sembra opportuno
presentare la figlia suora dei coniugi Pasquini, autrice, con
la sorella, dell'articolo precedente.
Suor Cecilia Pasquini è membro della Congregazione delle
Suore Terziarie Cappuccine della Sacra Famiglia. Appartenente
prima alla Gi.Fra e all’O.F.S. di Siena decise, dopo due
esperienze di condivisione estive presso le missioni cappuccine,
di partire dopo la laurea come missionaria laica e insegnare
matematica presso la scuola media superiore del Seminario di
Biwana nella diocesi di Dodoma. (1985-1988)
Agli inizi del 1999 è di nuovo in Italia. Intanto durante
la sua permanenza in Tanzania era maturato il desiderio di scegliere
la Vita Consacrata. Prende contatto con alcune congregazioni
di suore Francescane e quella che più l’attrae
è la Fraternità della Sacra Famiglia, della quale
aveva già conosciuto alcune sorelle in servizio a Mlali
Kituo in Tanzania.
Nel Settembre 1989 entra nel Postulandato, nel Marzo 1990 nel
Noviziato di Nostra Signora del Pueyo (Villa Maior) presso Saragozza.
Nel 1991 il 21 Luglio emette la professione temporanea e poco
dopo riparte per la Missione in Tanzania, presso la scuola secondaria
di Msolwa nella regione di Mikumi, dove viene nominata direttrice
e insegnante. Nel Luglio 1985 presso la casa generale in Roma
emette la Professione perpetua. Purtroppo i numerosi attacchi
di malaria che misero a forte rischio la sua giovane vita la
costrinsero a rientrare in Italia.
Apprestate le cure necessarie suor Cecilia recuperò le
sue forze fisiche e si mise nelle mani dei suoi superiori affidandosi
alla loro volontà.
L’allora Madre generale così si espresse: “la
missione ti ha donato a noi e noi ti ridoniamo alla missione”.
Cecilia contenta parte per le Filippine, dove con altre tre
consorelle prepara la nuova fondazione della missione in Korea
del Sud. Ma il Signore la mette ancora alla prova.
Imparata la difficile lingua Coreana può felicemente
iniziare la sua missione ma nascono problemi alla tiroide ed
è costretta a ritornare in Italia per un delicato intervento.
La madre superiora prende la decisione: tu sei fatta per essere
missionaria nella tua terra. Viene inserita così nella
Provincia Religiosa della Sacra Famiglia della quale è
parte l’Italia e trasferita nella casa di Lucca dove poco
tempo dopo diviene Superiora.
Il nuovo Arcivescovo di Lucca, mons. Italo Castellani le affida
l’insegnamento di Religione nelle scuole superiori e la
chiama a collaborare nella Pastorale giovanile e vocazionale,
della quale già aveva esperienza collaborando in questo
settore con i Cappuccini Toscani. Sr. Cecilia ha accettato tutto
serenamente ed ora svolge il suo nuovo servizio missionario
in terra nostra, senza nostalgie e rimpianti per le esperienze
iniziali in regioni missionarie, ma con tanta carica di bontà
e intelligenza.
Lettera
da Onesti - Lucia Iorio
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Carissime
sorelle e fratelli, Cristos an inviat, adevarat a inviat. Questo
è il saluto che si usa in questo periodo pasquale e significa
annunziarci l’un l’altro la Resurrezione di Cristo.
Lo trovo molto bello e ricco di speranza, come tutto il tempo
che sto vivendo in questa terra dove lavoro in grande armonia
con tutti. Tante cose belle sono nate e altre stanno prendendo
forma e tutto questo mi riconferma la presenza e l’amore
di Dio. Mi meraviglio ogni volta delle Sue attenzioni e mi riinnamoro
di Lui ogni giorno perché trova sempre il modo di stupirmi
indicandomi strade sempre nuove.
1.
Sono mamma in terra di missione…
A quasi un anno dalla mia presenza qui a Onesti mi ero già
riorganizzata la vita, ripreso alcune mie abitudini e adagiata
in un certo tran tran quotidiano. Ma ecco la sorpresa! Mi chiama
p. Romeo e mi dice che c’è una emergenza: una bambina
orfana di madre dall’età di tre anni, scacciata
di casa dal padre violento, con una nonna troppo vecchia e malata
e rifiutata dalla zia che ha problemi di alcol. Una situazione
che veniva seguita da tempo dalla S. Vincenzo di Onesti ma che
non trovava soluzione. La ragazzina dal suo paese era venuta
a Onesti a chiedere aiuto a Lucica la vice responsabile del
S.V.P che appunto si è rivolta a p. Romeo che a sua volta
ha chiesto la mia collaborazione. Ho detto di portarmi senz’altro
la bambina in attesa di una sistemazione definitiva per lei.
Era il 25 aprile e gli uffici dell’assistente sociale
riaprivano il 4 maggio. Sono stati sufficienti questi pochi
giorni di convivenza per farmi prendere la decisione, avrei
fatto di tutto perché Mariana non andasse a finire in
una di quelle mega strutture che ci sono qui che chiamano casa-famiglia,
ma non sono altro che enormi orfanotrofi. Mi sono rivolta a
suor Michela che gestisce due case di accoglienza per bambini
e adolescenti ragazze madri, ma la bambina non rispondeva ai
requisiti necessari per essere accolta, troppo grande per la
prima, troppo piccola per la seconda. Infatti Mariana compie
14 anni il 4 ottobre. Avevo bisogno di un messaggio più
chiaro di questo? Questa piccola che è nata il giorno
della festa del nostro Serafico padre, me l’ha mandata
il Signore ed io posso solo accettarla con tanta gioia e soprattutto
con tanto amore.
Ho preparato i documenti necessari e fatto richiesta di plassament
(affidamento), ho già fatto i colloqui e ricevuto la
visita domiciliare degli assistenti sociali, la bambina ha dichiarato
di volere restare con me ed ora manca solo la sentenza del Tribunale
di Bacau. Nell’attesa di essere chiamata chiedo a tutti
voi preghiere perché tutto si realizzi per il bene della
bambina. Mariana dopo qualche giorno ha finalmente sorriso ed
ora che ride di tutto, dello sciacquone del water che non aveva
mai visto, della doccia che non aveva mai fatto e della macchina,
che da quando si è accorta che la capote è apribile
si viaggia sempre con il tettuccio aperto anche se piove! Sorride
di una passeggiata nel parco, del cibo, è cresciuta a
patate e fagioli e mi ringrazia ogni volta che mangia, della
musica e quando canto e ballo per lei che è una bambina
mai stata bambina. Sento che ho già ricevuto la mia ricompensa.
A voi cari amici che dicevate che sarei stata l’unica
missionaria a non avere figli in terra di missione eccovi smentiti
dai fatti. Una maternità nell’età della
sterilità, mi sento come Sara, come Anna, come Elisabetta,
niente è impossibile a Dio.
2.
…e madrina di due Rom ortodosse.
Ad Aprile ho fatto da madrina a due piccole Rom ortodosse. Ho
battezzato queste piccole perché ho scoperto che tante
bambine gitane non ricevono questo Sacramento perché
la madrina deve sostenere alcune spese. Chi è particolarmente
povero non trova nessuno e così arrivano adulte e non
si sposano neppure in Chiesa proprio a causa di questo. Battezzare
le femmine implica l’acquisto di 10 mt. di tessuto con
cui si riveste la candela che poi sarà il primo abito
che indosseranno a 13 anni. L’acquisto del cero, un telo
bianco per asciugarle, la registrazione del Battesimo, l’offerta
per il Pope e una piccola somma che si mette nel seno della
piccina come buon augurio. Tutto questo non supera i 40/50 €
ma troppo per chi è povero.
Inizialmente
sono stata in dubbio, la paura di un legame troppo stretto con
persone che per cultura sono così diverse da me mi lasciava
perplessa, ma proprio in virtù del mio essere cristiana
e francescana i dubbi sono spariti sul nascere.
È stata una cerimonia molto suggestiva e mi sono così
emozionata che ho sbagliato anche il Credo, ma il Pope non capisce
l’italiano e non se ne è accorto. Battesimo, Cresima
e Comunione un solo rito che unisce tutti e tre i sacramenti
come è nella tradizione ortodossa. A tutti
voi un saluto di pace e bene Lucia
Indirizzi
di Lucia Iorio
Casa Francescana - Strada Jon Creanga N° 8/10 601091, Onesti
Jud. Bacau (Romania)
mail: quellichefrancesco@libero.it
Skipe: Missiorio
tel. e fax 0040 234/326955 - cell. 0040 0748507214
Associatia “Sfanta Familie din Nazaret”.
Banca: BCR_IBAN: RO79 RNCB 0030 1059 0172 0002
Addio
Fr. Pietro! - Giovan Battista Ciancagli
(1920 – 2009)
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Nato a Pozzo della
Chiana, nel Comune di Foiano (AR), il 23 Maggio 1920. L’11
Luglio 1943, emise la professione perpetua (solenne) nella chiesa
del convento di Siena. Continuò, quindi, lo studio della
teologia nel convento fiorentino di Montughi. Terminato, il
III° anno del corso teologico, data l’età,
a P. Pietro fu anticipata l’ordinazione sacerdotale.
Rimase nella fraternità di Montughi con il compito di
tipografo, che esercitò fino al 1963.
Fu uno dei primi cinque cappuccini toscani, che risposero all’appello
inviato dai superiori per reclutare frati disposti a partire.
Il 6 Giugno 1963 salparono da Venezia per la nuova missione,
che P. Pietro affrontò con grande dedizione, mai venuta
meno nei 37 anni della sua permanenza in Tanzania a Kibakwe
dal 1963 al1970.
Aveva 43 anni quando arrivò in Tanzania; era un uomo
sano, forte. Fu parroco e strenuo lavoratore nella costruzione
della nuova e bella chiesa.
Nel 1970 fu trasferito a Ipera (Kinusi), dove ripetè
l’esperienza precedente, costruendo con il confratello
muratore un nuovo complesso missionario, che fu adottato dalla
parrocchia italiana del suo paese nativo, Foiano. Pur rimanendo
ad Ipera fino al 1973, continuò a prestare periodica
assistenza lavorativa a Kongwa, ove mise in opera l’impianto
elettrico nei vari reparti del nuovo complesso missionario.
Nel 1973 fu inviato, come parroco, a Lumuma, dove rimase fino
al 1975. Nel 1976, si trova nel villaggio di Rudi. Fu una lunga
permanenza, durante la quale sperimentò, come non mai,
il “peso” evangelico della chiamata missionaria.
A Rudi, infatti, si trovò a lungo “solo”;
costruì il complesso della missione: abitazione del missionario,
casa delle suore. Scavò un pozzo, provvide l’impianto
elettrico.
Negli anni seguenti, si trovò, a periodi alterni, ora
in un posto ora in un altro, per offrire collaborazione missionaria
ed i suoi servizi specifici di operaio. Si trovò per
questo a Kongwa, aiutò ad Mlali alla costruzione del
“Centro per bambini motolesi”. Fu un uomo “tuttofare”,
sempre pronto alle prestazioni più varie, specialmente
quando, negli anni 1990-2000, arrivavano, a ritmo serrato, sempre
più numerosi, gruppi giovanili per l'esperienza missionaria.

A Kongwa, nel
1996, celebrò il suo 50° di sacerdozio e Il 2 Luglio
2000 lasciò definitivamente la sua missione di Tanzania.
Si ricordò concretamente delle sue origine missionarie
toscane, quando avvertì l’indebolirsi delle sue
gambe ed il loro progressivo cedimento. Comprese che era arrivato
il momento di ritirare “i remi in barca”. Lo fece
con lucidità ed estrema saggezza. Guardando, ora, proprio
a se stesso, scrisse con semplicità: “Non posso
pretendere da Domine-Dio dei miracoli: gli anni ci sono, se
mi vuole presto, sia fatta la sua volontà; se vede che
ancora sono buono a qualcosa, sia lo stesso fatta la sua volontà”.
Il Signore ha atteso altri otto anni prima di venire a prenderlo.
Non sono stati anni facili, anche se sono stati fruttuosi e
per lui, per la fraternità di Montughi-Firenze (dove
ha trascorso gli ultimi anni) e per i fedeli della parrocchia,
per i quali quotidianamente si trascinava in chiesa per il servizio
delle confessioni.
Poi, il 17 Marzo 2009, alle ore 17.30 è deceduto. Una
fine: serena, “francescanamente” pacata, vegliato
amorevolmente dalle persone, che in vita gli furono, forse,
più vicine nel suo non breve prodigarsi per il Regno.
Il funerale è stato celebrato il 19 Marzo nella chiesa
di Montughi.