Una vita di servizio e di lode
sr. Francesca Cortona |
11
Febbraio 2008: Commemorazione dei 150 anni dalle Apparizioni
di Lourdes: sono passati ben 13 anni da un altro 11 febbraio
quando 5 clarisse, tre italiane e due nigeriane, accompagnate
da una statua della Madonna di Lourdes, arrivarono in Nigeria.
Da quel piccolo e fragile seme, grazie alla sollecitudine del
Padre Celeste, è germogliata e si sta rinforzando questa
piccola pianta di Francesco e Chiara che è il monastero
delle clarisse di IjebuOde nel sud ovest della Nigeria.
Le prime candidate arrivarono
grazie all’interessamento dei fratelli cappuccini toscani
già presenti in Nigeria, in particolare P. Bernardino
e P. Mario. Da questo seme davvero piccolo perché le
clarisse rimaste in loco dopo il primo mese di assestamento
erano solo tre, il monastero è ora composto di 17 sorelle
di cui 10 professe solenni, 3 professe semplici, 1 novizia e
3 postulanti. Il monastero, costruito nel ’98 grazie alla
generosità di tanti benefattori italiani e non, è
un’oasi di bellezza pur nella sua semplicità, col
suo colore rosato caldo e luminoso, circondato da lussureggianti
fiori rossi. Davanti al monastero un centinaio di alberi di
palma offrono ombra e ristoro a chi vuol pregare e producono
anche il loro frutto prezioso per la preparazione dell’olio
di palma.
La comunità è diventata centro di attrazione per
vari motivi. La piccola parte del monastero adibita a casa di
ritiri, dotata di 8 stanze, è spesso occupata da religiosi/e,
sacerdoti o laici per ritiri individuali ma soprattutto nei
periodi forti di Avvento e Quaresima anche da gruppi di 3040
persone che si arrangiano come possono. Da tempo stiamo sognando
un ambiente più ampio ma per ora non ne abbiamo le possibilità
economiche. La nostra chiesa, soprattutto la domenica, è
piena, spesso i posti a sedere non bastano e la gente partecipa
attivamente e con gioia alla nostra liturgia.
Anche le nostre attività materiali sono a servizio della
chiesa locale e della popolazione circostante; facciamo ostie
per la celebrazione eucaristica, casule, camici e altro per
i sacerdoti, produciamo e imbottigliamo acqua potabile, facciamo
icone, rosari, marmellata e, ultimamente, anche sapone liquido
per le stoviglie!
Infine molte persone nella povertà, nella malattia e
nel bisogno si rivolgono a noi e, grazie anche alle adozioni
a distanza ottenute con l’aiuto dei nostri fratelli cappuccini,
possiamo venire in aiuto alle necessità più urgenti.
Le Sorelle vivono con gioia la loro donazione a Dio, grate di
ciò che ricevono e coscienti che il modo più concreto
di dire grazie è attraverso una vita di servizio e di
lode come quella di Maria. Con Lei cantiamo con ogni tipo di
strumenti: Magnificat!
Il
tempo in Africa ti aspetta
Agnese Faleri |
Sono
sfuggita all’inverno e sono andata a rifugiarmi al caldo
del sole africano insieme a padre Corrado, capogruppo. Non conoscevo
tutti i miei compagni di viaggio, il primo impatto è
stato strano: una stretta di mano assonnata con Lisa e padre
Luigi e un viaggio di notte verso l’aeroporto di Roma.
Al controllo dei bagagli si è presentato Riccardo, con
tanta attrezzatura tecnologica di qualche Kg di troppo. Con
Simone un’amicizia che va avanti dal campolavoro dell’agosto
2006, ormai consolidata. Diciotto giorni vissuti in Tanzania
con tante mete diverse: Kongwa, Dodoma, Mlali, Kibaigwa, Mkoka
e Upanga, ognuna con la sua storia.
Mi piace associare la missione di Kongwa a Riccardo, che era
alla sua prima esperienza “missionaria”, perché
è stato il luogo dove abbiamo soggiornato più
a lungo, dove si è realizzato lo scopo del viaggio: l’inaugurazione
della scuola secondaria.
Riccardo ha documentato i lavori di costruzione con filmati
e fotografie, ma avrebbe voluto più che
mai registrare le sensazioni piuttosto che le immagini. Padre
Silverio, fonte inesauribile di disponibilità e accoglienza,
è stato il nostro punto di riferimento durante gli spostamenti,
e con padre Francesco Borri ci siamo sentiti a casa come una
famiglia insieme a Suor Virginia, suor Visitandina e Maria Stellina.
I bambini contribuivano all’atmosfera di gioia e di festa
giocando e cantando con noi instancabilmente. I festeggiamenti
sono continuati a Dodoma per il Centenario del Cristianesimo.
È qui che colloco padre Luigi, grande esempio di fede.

Abbiamo
partecipato a più di quattro ore di messa, alleggerita
dalla musicalità e dal ritmo del coro, dai balli dei
bambini vestiti a festa, dalla comunione che si respirava nell’aria
con le centinaia di persone venute apposta per l’occasione.
Ci siamo ripresi soltanto quando suor Francesca e suor Coni
ci hanno accolto nella loro casa, visibilmente più curata
rispetto a quella dei frati! La prima settimana si è
conclusa con gli ultimi due giorni passati a Mlali da padre
Francesco.
Ho ritrovato solo qualche bambino dei quaranta che avevo conosciuto
l’anno precedente, fortunatamente molti erano tornati
a casa. Quanti abbracci, quanti volti familiari: padre Francesco
e le sue guerre al biliardino, padre Pascali nel suo orto e
suor Shirley sempre sorridente. Ma dopo la domenica di festa
ci aspettava un’altra avventura: dovevamo rimetterci in
cammino stavolta verso Kibaigwa. Simone è l’avventuriere
che quando ha scoperto le missioni e i frati cappuccini non
li ha più abbandonati. Padre Fabiano ci ha condotto a
prelevare l’acqua dai pozzi nei dintorni della missione,
per analizzarla. Al calare del sole avevamo finito il nostro
lavoro e non ci fu premio più bello di quel tramonto.
Pochi giorni dopo siamo ritornati di nuovo a Kibaigwa per festeggiare
la prima Comunione di oltre cento bambini radunati dai villaggi
vicini: la chiesa era di mille colori. I protagonisti di questa
storia sono ancora una volta i bambini, ne abbiamo trovati altrettanti
a Mkoka da padre Egidio.
L’onore
più grande è stato quello di consegnare i piccoli
“diplomi” per la fine del primo anno d’asilo.
Lisa, responsabile delle adozioni a distanza “Gabnichi
onlus”, ha rintracciato tutti i bambini adottati e piuttosto
che salutarli prima di andare via, avrebbe voluto essere adottata
lei. Ma i legami che si formano in Africa secondo me sono misteriosamente
forti: noi bianchi, loro neri, ma poi preghiamo tutti insieme
nella stessa Chiesa. Ed è lì che tutto è
cominciato: in una chiesa con padre Corrado, è proprio
lui che mi ha permesso di fare quest’esperienza, grazie!
In Italia il tempo ti travolge, in Africa ti aspetta.
L’avventura continua nella nostre case, nelle nostre famiglie,
e quando ne sentiamo il bisogno io, Lisa, Riccardo e Simone
ci ritroviamo a parlare e a progettare il nostro prossimo viaggio.
9
dicembre 2007 Kongwa
Simone |
È stato forse il giorno più lungo della mia vita
e senza dubbio la cerimonia più estenuante che mi sia
mai capitata (pensavo che solo i matrimoni indiani potessero
durare così a lungo).
Certo è che il nove dicembre duemilasette ha segnato
un altro punto di svolta per le missioni dei Cappuccini Toscani
in Tanzania. Sì perché la creazione di una scuola
secondaria in quell’area significa allargare e intensificare
il lavoro educativo, sul quale molto si è puntato. Kongwa
conferma quindi la sua centralità cercando di aprirsi
a nuove sfide e provocando, con idee e programmi, un certo immobilismo,
sicuramente presente in quelle società. Alla voce “missione
e cultura” i cappuccini sono sempre in prima linea, a
cominciare dal Vescovo Taddeus, prodotto del proprio “vivaio”,
che fin dall’inizio del suo incarico volle dichiarare
centrale il problema educativo; secondo lui non si era fatto
molto: sviluppo e educazione divennero le colonne portanti del
suo mandato. Infatti è esattamente questa una delle strade
necessarie per perseguire lo sviluppo in Africa (e non solo)
e la Chiesa Universale è su questo che insiste, cercando
di risolvere questo e altri problemi capitali che dilaniano
il Continente. Insomma tutto gira intorno alla formazione (il
problema della promiscuità e quindi delle malattie, le
lotte tribali ecc…)
Alla giornata inaugurale erano presenti il già citato
Vescovo Taddeus, le autorità locali, naturalmente i missionari,
il segretario delle missioni e un nutrito gruppo di ballerini
e cantanti che hanno animato la festa, ma soprattutto, è
stata numerosa la partecipazione della popolazione. La gente
ha capito. La gente ha capito le grandi opportunità che
la comunità cattolica cerca di dare.
È giusto dire poi che la nascita di una nuova scuola
che da noi è, più o meno, una cosa normale, là
è un evento fuori dall’ordinario. Non siamo a Dar
es Salaam o a Dodoma città, siamo, per intenderci, in
una situazione simile a la campagna italiana nel primissimo
dopo guerra e oltre in taluni casi.
Da qui l’urgenza di creare in Kongwa sviluppo, ancora
sviluppo, come auspicato dal vescovo nel discorso inaugurale,
per non perdere altro terreno.
Un
ricordo di P. Bonifacio Zurli da Lucignano |

È
deceduto la mattina del 25 Ottobre 2007. Aveva 88 anni; dal
1937 era frate cappuccino (70 anni) e dal 1944 era sacerdote
(63 anni). Queste date e questi numeri racchiudono il cammino
terreno di fra Bonifacio da Lucignano. Non è facile ripercorrerne
la ricchissima trama e rilevare in essa i “mirabili contenuti”
della vita del confratello defunto.
Stati Uniti d’America 1946-1948
Nel 1946 p. Bonifacio, giovanissimo frate e sacerdote, fu inviato
nella Custodia provinciale dei cappuccini toscani negli Stati
Uniti. Fu suo compito l’assistenza agli emigrati italiani
presenti nella zona del Bronx e già inseriti nella parrocchia
cappuccina dell’Immacolata Concezione. Il giovane sacerdote
ne divenne la guida spirituale e seguì le varie associazioni
con zelo e dedizione curò con attenzione il Terz’Ordine
Francescano, del quale sarà Direttore, ma prese a cuore
soprattutto i nuovi emigranti italiani, per i quali divenne
un vero punto di riferimento e che egli visitò con assiduità,
famiglia per famiglia.
Australia 1949-1969
Nel 1948 p. Bonifacio fu inviato in Australia, nella “Missione”
affidata, fin dal 1945, alla Provincia Toscana dei Cappuccini.
Forte dell’esperienza compiuta negli Stati Uniti, si dedicò
con il solito slancio all’assistenza degli emigrati italiani.
La sua prima dimora in Australia fu a Wynnum, la città
rigurgitava, allora, di emigrati italiani e p. Bonifacio si
trovò ad essere l’unico sacerdote a loro disposizione.
Era necessario riannodare i vincoli tra i vari nuclei e la visita
alle famiglie lo sottopose a lunghi e disagiati viaggi.
Ottenne, quindi, di poter celebrare la Messa nella cripta della
nuova cattedrale di Brisbane. E fu l’unica Messa per gli
italiani. P. Bonifacio non si fermò. Ad ogni arrivo di
nave era presente per offrire accoglienza proprio nelle prime
fasi, le più delicate e drammatiche; si occupava delle
prime sistemazioni, del primo lavoro.
Era il primo abbraccio e il conforto alla paura dell’emigrato.
Il frate cappuccino divenne il suo prezioso punto di riferimento.
Poi nel 1957 p. Bonifacio dové lasciare Brisbane e la
sua “St. Francis House”.
Fu inviato a Melbourne, dove rimarrà fino al 1969. La
fama della sua presenza a Brisbane e di quanto ivi operato l’aveva
preceduto. Si volle qualcosa di simile anche a Melbourne. Si
volle e ci si concentrò nel progetto di innalzare una
chiesa ai santi patroni, in Italia, dei paesi di origine degli
emigrati. È la storia del Santuario di S. Antonio da
Padova.
La costruzione l’impegnerà per lunghi otto anni.
Nel settembre 1969 arrivò a Montecatini Terme, dove i
confratelli toscani stavano costruendo una chiesa e organizzando
una nuova parrocchia. Aveva 50 anni! Un’età aperta
al futuro.
A Montecatini ritrovò il terreno propizio per dar sfogo
al suo slancio apostolico, agevolato, in questo caso, dalla
perfetta intesa con i confratelli. Fu merito suo se fin dall’inizio
comparve a Montecatini l’Ordine Francescano Secolare o
Terz’Ordine. Una parrocchia francescana senza il Terz’Ordine
sarebbe stata una casa senza figli. Ed il Terz’Ordine
si rivelerà in seguito di straordinaria importanza sia
come testimonianza francescana sia come arricchimento pastorale.
Li coinvolse, quindi, nell’azione missionaria dei cappuccini
in Tanzania. Insieme ai missionari cappuccini, i terziari di
Montecatini sospinti dal loro assistente, furono di fortissimo
sostegno nell’erezione dell’ospedale Kituo di Mlali.
Non possiamo presentare p. Bonifacio come frate di cultura e
neppure come un contemplativo: era semplicemente un uomo di
fede. Possedeva la forza della carità e si lasciava guidare
dall’istinto dello spirito francescano. Non chiese agli
altri di “fare”, ma si pose in prima linea a “fare”.
P. Bonifacio era un uomo felice. La vocazione francescana l’aveva
profondamente appagato: la visse con estrema naturalezza. Conobbe
anche la critica, ma verso i suoi critici non ebbe mai una parola
amara. Nella vita di fraternità, e come suddito e come
superiore, fu confratello di inalterabile serenità. Conobbe
la sofferenza e la malattia, che l’obbligarono a ricorrenti
ricoveri in ospedale: non ne fece una tragedia. Quando fu costretto
a ritirarsi nell’Infermeria provinciale e abbandonare
la casa di Montecatini, non si rattristò, serenamente
si abbandonò agli eventi e attese e desiderò l’arrivo
del Signore. E fu la mattina del 25 Ottobre 2007!
Scheda Biografica
Padre Bonifacio, al secolo Nello Zurli, era nato a Lucignano
(AR) il 31 Gennaio 1919. L’8 Ottobre 1931 fu accolto nel
seminario serafico dei cappuccini. Conclusi gli studi vestì
l’abito dei cappuccini nel convento di Cortona 1’11
Luglio 1937.
Il 14 Luglio 1938, emise la professione temporanea. Ripresi
gli studi, fu nel convento di Arezzo per il primo anno di filosofia
(1938-1939) e quindi in quello di Siena, dove il 14 Luglio 1941,
emise la professione solenne (perpetua). Ammesso allo studio
della teologia, fu prima nel convento di S. Miniato e poi in
quello di Firenze-Montughi (1942-1945). Durante questi anni
ricevé anche gli Ordini sacri.
Dopo aver ricevuto la Tonsura il 19 Dicembre 1941 nella cappella
del seminario per le mani di Mons. Baldini, vescovo di Massa
Marittima, e poi gli Ordini minori, ricevé quelli maggiori:
Suddiaconato: 1943, nella Prepositura di Anghiari, per la mani
di Mons. G. Battista Tirinnanzi, Vicario Apostolico di Arabia;
Diaconato: 1944, nella chiesa di S. Francesco a Montughi, per
le mani di Mons. G.B. Tirinnanzi; e Presbiterato: (1944) nella
chiesa Collegiata di San Casciano Val di Pesa (FI), per le mani
di Mons. G.B. Tirinnanzi. Nel 1945, finiti gli studi fu inviato
nel convento di Castiglion Fior., come precettore dei giovani
aspiranti. Fu una breve sosta, perché, nel settembre
1946, fu destinato nella Custodia dei cappuccini toscani negli
Stati Uniti. Vi rimase circa due anni. Nel 1948 i superiori
lo inviarono nella “Missione di Australia”. Vi pervenne
nel 1949. Lavorò, per 8 anni (1949 -1957). Nel 1957 fu
trasferito a Melbourne come guardiano nella casa di noviziato
(1957-1961).
L’ufficio di guardiano non gli impedì di attendere
all’assistenza degli emigrati. Per quest’ultimi
fu promotore della costruzione del “Santuario di S. Antonio”,
di cui lasciò una lunga memoria scritta e stampata. Eretta
la Custodia Generale di Australia (1961), p. Bonifacio vi fu
incorporato.
Nel triennio1964-1967 fu di nuovo superiore nel convento di
Melbourne e consigliere nel governo della Custodia Generale.
Ritornato in Italia nel 1969, dopo una specie di ricerca della
volontà di Dio (Australia-America-Toscana), la sorte
cadde sulla Toscana e p. Bonifacio fu di nuovo frate della Provincia
originaria (1969). Fu destinato, come suo desiderio di lavorare
in una parrocchia, a Montecatini Terme. Vi rimase praticamente
fino alla morte: 38 anni! Nella Fraternità di Montecatini
esercitò l’ufficio di vicario e di guardiano.
Nella parrocchia fu vicario parrocchiale e assistente dell’Ordine
Francescano Secolare, di cui fu praticamente il fondatore. Fu
animatore e promotore di iniziative devozionali e missionarie.
Nonostante la sua difficile situazione sanitaria, rimase a Montecatini
fino all’aprile 2006, quando fu accolto nell’Infermeria
provinciale di Montughi.
Colpito da ictus e ricoverato nell’ospedale di Careggi
(17 Ottobre 2007), vi è deceduto la mattina (ore 08.50)
del 25 Ottobre. La salma è ora sepolta nel cimitero comunale
di Lucignano suo paese natale.