Un dono di Papa Wojtyla
Diario di un Campo lavoro

padre vincenzo e madre rosariaDurante l’ultima visita a Dodoma abbiamo visitato il Villaggio della Speranza in Dodoma e abbiamo colto dalla viva voce della Madre Rosaria e dal Padre Vincenzo Boselli questa storia rivelante il miracolo dell’amore: Il dono di Giovanni Paolo II al Tanzania si chiama “Villaggio della speranza”.
Parte l’iniziativa di bene da una comune suora missionaria in Tanzania che soffre e vive in una grande angoscia: vedere che l’Aids sta falciando gran parte dei ragazzini di questa nazione.
Avrebbe grandi idee, ma non vi sono denari per realizzarle. Occorre coraggio e non le manca. Scrive una lettera al Papa Giovanni Paolo II dicendo che sarebbe opportuno “fare basta” con questa dolorosa ecatombe e che i bambini ammalati di Aids e orfani di entrambi i genitori, in quel paese per altri versi assai civile, sono diventati una insopportabile vergogna, oltre che a un peso economico, e dunque vengono segregati dalle loro stesse famiglie, vengono lasciati morire. E per dirgli che lei e P. Vincenzo Boselli, anche lui da più di trent’anni missionario in Africa, un progetto ce lo avrebbero, ma ci vogliono soldi. Ecco il meraviglioso miracolo della Provvidenza.
Tanzania-Dodoma: i bambini del villaggio della speranza
Il Papa contro ogni previsione, legge, verifica, risponde e manda una sostanziosa somma per incominciare e così nel 2002 nasce in Dodoma, capitale politica del Tanzania ma anche cuore della regione più povera del paese, il “Villaggio della speranza”.
Lo abbiamo visitato e possiamo dire che non è un orfanotrofio, non è un ospedale, non è una missione. “L’idea nostra - ci dice P. Vincenzo - è stata quella di ricreare attorno a questi piccoli delle vere e proprie famiglie con tanto di mamme e papà. Così, abbiamo chiesto ad alcune coppie, per la maggior parte terziari francescani con i figli già grandi, di trasferirsi a vivere nel villaggio, ognuno in una sua casa, con i bambini, dove sono ben seguiti e curati.
Questo paese - continua Padre Vincenzo - ha investito molto sulla prevenzione e, fino a pochi mesi fa, nulla sulla cura di chi è già affetto da malattie con il risultato che alla mancanza di medicine e di strutture per le terapie si è aggiunto, intorno alla malattia, un clima di paura del contagio e di vergogna. Difficile trovare una scuola disposta ad accogliere i piccoli malati.
L’abbiamo costruita noi all’interno del villaggio, aprendola anche agli esterni sani, rompendo il tabù dell’emarginazione e dando ai piccoli malati il ruolo di padroni di casa. Molti pensavano che non ci sarebbe stato nessun ingresso di esterni, invece è avvenuto tutto il contrario, e ogni anno siamo costretti a limitare gli ingressi degli esterni perché vogliamo mantenere il numero fisso di 35 per classe, di cui 15 interni”.
Nel villaggio c’è anche un piccolo ma attrezzato dispensario medico con laboratorio di analisi, donato dall’ospedale romano del Bambin Gesù, che invia a turno gruppi di medici e biologi per istruire i volontari locali. Oltre ai bambini interni, il day Hospital del Villaggio, cura anche alcuni bambini malati che hanno almeno uno dei genitori, quasi sempre ammalato pure lui e sta prendendo il via il progetto di “maternità sicura“. Questo progetto è stato per alcuni di noi una scoperta, perché nonostante il nostro sapere, su questo argomento vi è ancora molta ignoranza.
Dodoma: dispensario
Il progetto Maternità Sicura ci spiega Padre Vincenzo: “Mette in terapia la mamma al sesto mese di gravidanza ed possibile così far nascere bambini sani. E visto che, nella maggior parte dei casi, i figli nati da mamme ammalate si infettano attraverso l’allattamento al seno, abbiamo costruito ambienti adatti per ospitare le partorienti fino a due mesi dopo la nascita, in modo da insegnare loro l’allattamento artificiale corretto. Una volta dimesse si continua ad occuparci di loro, della terapia e della crescita dei bambini anche con un piccolo sostegno economico, del quale una parte di questo viene destinata per continuare l’allattamento e sarà a fondo perduto.
L’altra, una specie di microcredito, servirà a mettere in piedi un’attività economica che permetta loro di pensare al futuro”. Abbiamo costatato come, all’interno del villaggio immerso nel verde, sorgono altre strutture necessarie all’autonomia alimentare delle famiglie ospiti del villaggio.
Di altre iniziative ci ha parlato P. Vincenzo, tra queste oltre un caseificio anche un’azienda vinicola, ricorrendo all’aiuto di gruppi di amici soprattutto italiani, che il Villaggio della Speranza ha già potuto contattare in questi pochi anni di vita. Tutti sono segno del miracolo della Provvidenza, ci dice commosso P. Boselli. E il primo è stato papa Giovanni Paolo II.

Ricordo di P. Barnaba Maddii da Pian di Scò
Fr. Giacomo Carlini

padre barnaba maddii
Il 7 Aprile 2007 alle ore 15, durante il grande silenzio liturgico del Sabato Santo, il frate Cappuccino concludeva la lunga vicenda terrena durata ben 93 anni, la morte in quel giorno significava il ritorno al padre con il Cristo Risorto. Fin dal 1934, appena ventenne dedicò la sua vita alla Missione.
Lasciata l’Italia per seguire la chiamata missionaria, completò i suoi studi in India e nei villaggi indiani offrì le primizie del suo Sacerdozio (1937-1948). Nel 1942-1944, durante la seconda guerra mondiale, la promettente attività missionaria si arrestò: i missionari italiani furono costretti ad abbandonare le loro sedi e rinchiusi in campo di concentramento presso Dhera Dun, gestito da ufficiali inglesi. P. Barnaba ne approfittò per arricchirsi culturalmente.
Perfezionò la conoscenza della lingua inglese e di quelle indiane locali. Nel 1948 cessa la sua attività in terra indiana e viene inviato nel Vicariato Apostolico di Arabia in aiuto ai missionari cappuccini toscani. Le sue soste nelle varie stazioni missionarie furono sempre contrassegnate da qualche evento, piccolo o grande di importanza socio- pastorale e di notevole rilevanza organizzativa.
Diversi furono i riconoscimenti delle ambasciate italiane sia nel Sultanato dell’Oman che negli Emirati, fino a sollecitare il Presidente della Repubblica a conferirgli il grado di Cavaliere. Noi tuttavia, al di là dei riconoscimenti esterni, non dobbiamo dimenticare che P. Barnaba è stato, prima di tutto e soprattutto, un missionario Francescano. La sua vita fu consacrata al Regno di Dio e le sue opere non possono essere che viste nell’ottica della più autentica missionarietà. P. Barnaba fu un Cappuccino che aveva un suo stile, sorretto da un carattere abbastanza originale.
Non perse mai di vista lo scopo fondamentale della sua missione. Il bene spirituale delle sue comunità si coniugò strettamente con l’attività esterna. Fu un ottimo Pastore delle sue comunità cristiane. Esperto conoscitore della lingua inglese, se ne servì con grande abilità per la sua opera di sacerdote. La sua presenza tra gente povera come in India e poi tra gli emigrati presenti negli emirati arabi, lo rese benemerito della loro fedeltà alla Chiesa. Nelle sue iniziative pastorali in terre musulmane, rivelò coraggio.
Fu intraprendente nella costruzione di Chiese e nell’organizzazione di pellegrinaggi in occidente. Non fu facile fermare il suo slancio operativo. Anche quando sembrò arrendersi e lasciò il Golfo Arabico, non si ritirò tra i confratelli in Toscana, ma tra quelli che lavoravano in Tanzania.
La missione, scopo della sua vita, continuava, in altri luoghi, con altre popolazioni, in altri continenti, fino al tentativo di inserimento nella missione dei confratelli di Parma in Turchia. Fu l’ultima sua offerta al Regno. Anche se fu una breve vicenda, essa coronò degnamente la sua vita di missionario di Cristo.
In ultima analisi era sempre l’amore alla Chiesa, che animava le sue iniziative e lo spingeva ad alimentare rapporti amichevoli con i Signori dell’Islam. P. Barnaba è stato un vero pioniere e la missione cappuccina toscana ne ricevé un forte impulso.
Fu un missionario che non perse tempo e in ogni luogo lasciò l’orma del suo passaggio o della sua sosta, non tanto per le opere materiali compiute, quanto per gli scopi, a cui esse si ispiravano.

Dal primo incontro di preparazione
all’esperienza estiva in Tanzania
Un giovane livornese

la chiesa di prato, sede del camAvevo incontrato più volte P. Corrado in occasione di incontri di Animazione Missionaria presso la nostra comunità parrocchiale e devo dire che nonostante la sua “bella età”, come lui ama ironicamente ripetere, mi è sempre apparso spirito giovanile ed entusiasta, di temperamento forte e deciso e soprattutto amante del servizio alle missioni affidatogli dai superiori.
Fin dal primo incontro avvenuto circa un anno e mezzo fa, io ed un gruppo di amici che frequentiamo la parrocchia della “Rosa” in Livorno ci siamo aperti, mossi da curiosità prima, da interesse in un secondo tempo, verso il discorso della collaborazione missionaria, finché ci siamo sentiti attratti dall’ideale missionario, fino a decidersi di fare esperienza di condivisione in qualche regione africana dove prestano servizio i PP. Cappuccini Toscani.
Perciò, Domenica 4 Novembre, insieme ad alcuni amici delle altre due parrocchie livornesi coinvolti in questo impegno, San Giovanni Bosco e SS. Trinità, interessati anch’essi a fare questa esperienza nella prossima estate, abbiamo raggiunto la sede del C.A.M (Centro Animazione Missionaria) presso il Convento dei Cappuccini di Prato. Ci ha colpito lo spirito di fraternità con il quale siamo stati accolti sia da Corrado come dagli altri padri collaboratori del C.A.M..
Ci è stato aperto il Convento e il nostro dialogo si è svolto nell’ambiente più familiare e consono soprattutto per noi giovani, intendo parlare del refettorio dove abbiamo consumato un discreto spuntino annaffiato con vin santo di sapore tutto fratino. Prato: CAM-Si scaricano macchinari da inviare alle missioni
Interessante ciò che ci è stato comunicato in ordine all’esperienza che desideriamo realizzare. Sono state chiarite motivazioni e finalità e ci ha colpito in particolare la carica di amore che muove P. Corrado verso le popolazioni in via di sviluppo dove risiedono i missionari.
Questo ha contribuito a far superare dubbi e incertezze ancora presenti in alcuni dei partecipanti a questo primo incontro. Altro aspetto positivo è stato il clima che si è istaurato subito tra noi che parteciperemo all’esperienza in Tanzania. Sembravamo vecchie conoscenze, mentre era la prima volta, almeno per la maggioranza dei presenti, che ci incontravamo.
Questo accade sempre, quando ci unisce un unico ideale che ci ha fatto scegliere di compiere questo nuovo cammino. Prima di congedarci e salutarci siamo scesi presso quello che Giulia ha definito il “Cantiere del C.A.M.”.
Abbiamo visitato i magazzini, il settore stampa, abbiamo visto molto materiale fotografico del mondo missionario, gli uffici dove i padri del Centro con alcuni volontari giovani e meno giovani portano avanti l’aspetto “sostegno e promozione“ alla missione.
Siamo ripartiti un po’ cambiati, cioè più carichi di entusiasmo e soprattutto decisi a portare avanti e realizzare questo progetto di collaborazione missionaria in terra africana.

Come vivere il vangelo
di fra Silvano Nardi, missionario

da sinistra: Fr.Giorgio Picchi, P.Mario Maccarini, Fr Silvano nardi

Negli anni 60 del secolo scorso, i frati cappuccini toscani iniziarono il loro lavoro missionario nelle terre della Tanzania, Africa: con la promozione umana e con l’annunzio del Vangelo. Oggi si possono vedere e constatare i frutti del loro lavoro svolto in questi lunghi anni, non dimentichiamo i nomi delle varie parrocchie: Mpwapwa, Kibakwe, Lumuma, Mbuga, Rudi, Kinusi (passate poi alle dipendenze del clero locale diocesano), Kongwa, Kibaigwa, Mkoka, Mlali parrocchia e Kituo (centro per bambini motolesi). Quello che mi preme ricordare è la parrocchia di Upanga in Dar Es Salaam, lontana da Dodoma, oltre 500 km. Dar Es Salaam è la città più importante e più grande della Tanzania, bagnata dall’Oceano Indiano. Nella zona di Upanga sono ubicate molte ambasciate, compresa la nostra. La chiesa è stata fondata da fra Angelo Simonetti, nativo di Monte Amiata, colui che fondò anche Mlali-Kituo. Un vecchio missionario passionista disse: “Quest’opera è il fiore all’occhiello di voi frati cappuccini Toscani. Non solo avete costruito chiese, ma anche opere sociali a prò dei più poveri”. Queste ultime parrocchie sono alle dipendenze dei frati cappuccini, tutte ubicate nella regione e diocesi di Dodoma. Ogni parrocchia è dotata, oltre che di chiesa, anche di abitazioni, di scuola materna; ed in alcune, di scuole di taglio e cucito, di dispensario medico ed anche di scuole secondarie. Nella Parrocchia vivo con Fra Mario Maccarini e fra Giorgio Picchi. È una parrocchia molto vivace, basti pensare che la presidente delle mamme cattoliche africana è una parrocchiana di Upanga. Così pure il presidente nazionale e diocesano dei giovani cattolici tanzaniani. Vivono qui anche alcune personalità cattoliche sia nel campo politico e non. Nella zona di Upanga c’è il più grande ospedale della nazione, che comprende: reparti ospedalieri e varie facoltà di medicina e chirurgia, è frequentato da oltre un migliaio di studenti, dei quali oltre la metà sono cattolici. Il problema più grande è l’assistenza ai malati; molti a causa della povertà non possono essere curati. Qui si deve pagare tutto: degenza, visite, medicine, interventi chirurgici, analisi etc.

Alcuni medici cattolici, e sono molti, che lavorano in questo ospedale, hanno fondato un’Associazione sanitaria con lo scopo di visitare e curare i malati più poveri e nullatenenti, gratuitamente. Il presidente di questa Associazione, il medico Richard Lyimo, direttore del centro tumori di Dar Es Salaam, circa tre anni fa, accompagnato da alcuni medici, espresse il desiderio e la volontà di vivere il Vangelo, non solo con la preghiera, e con la frequenza ai sacramenti, ma anche con le opere. Chiese e gli fu concesso, un locale piccolo piccolo e qui, da oltre tre anni, a turno, questi medici, con alcune infermiere diplomate, ogni sabato, dal mattino fino al primo pomeriggio visitano e curano gratuitamente. Inoltre una domenica al mese, le offerte che vengono fatte in chiesa durante la S. Messa sono devolute per acquistare medicinali a questi malati poveri. Purtroppo il locale ora non è più agibile, ed è molto piccolo e inadatto. Nel 2007, dopo vari incontri, è stato deciso di costruire, nel terreno della Chiesa di Upanga, un nuovo poliambulatorio. L’opera è iniziata, ed è a buon punto, solo che i lavori sono sospesi per mancanza di fondi. Penso che poter dare una mano ad aiutare questi poveri e sofferenti, sia vivere la Parola di Dio, il Vangelo! Prendendo l’esempio da questi medici e infermiere di Upanga anche tu, senza spostarti dalla tua vita, puoi contribuire con la tua offerta, a curare i meno fortunati di te, i poveri più poveri! Rinunziare ad un caffè, ad un pacchetto di sigarette, ad una rivista che poi verrà gettata, ad un viaggio non troppo economico, ad un divertimento forse inutile… a beneficio dei più poveri… Dio saprà ricompensarti!!!

Una visita gradita
Missionari Cappuccini Toscani in Tanzania

mons. Gualtiero Bassetti
Nel mese di agosto abbiamo avuto un’attesa preziosa e graditissima visita nella nostra Missione della Diocesi di Dodoma in Tanzania. Sua Ecc.za Mons. Gualtiero Bassetti Vescovo di Arezzo è venuto a visitare le nostre singole stazioni missionarie nelle quali operano in maggior parte frati cappuccini toscani provenienti dalla Diocesi aretina.
Per noi missionari è stata un’esperienza forte dal punto di vista ecclesiale, poiché abbiamo incontrato un autentico Pastore sensibile alla dimensione universale della Chiesa, rendendosi disponibile alla cooperazione tra le Chiese e alla promozione umana delle popolazioni in via di sviluppo. In concreto indichiamo le opere della Caritas diocesana di Arezzo realizzate in Kibaigwa e in Kongwa, sempre per la regione di Dodoma.
Inoltre abbiamo vissuto giornate, anche se troppo brevi, di intensa vita fraterna e di comunione. Avremo occasione nei prossimi numeri di questa rivista di parlare più a lungo di questi incontri, intanto diciamo al Fratello e Padre Gualtiero, il nostro affettuoso grazie con preghiera di ritornare presto tra noi e rimanervi a lungo.