Dalla Nigeria: il grazie di P.Mario Folli

Nigeria-Ibadan: chiesa di S. Pio - P. Mario Folli (a destra) da il benvenuto ai confratelli toscaniCarissimo P. Stefano, il mio ringraziamento a Dio e a te caro padre, che per nove anni hai animato la Provincia dei cappuccini toscani, ai consiglieri e al Segretariato delle Missioni per il sostegno dato al compimento di questa prima fase, da pionieri, nella nascita in Nigeria come famiglia francescana cappuccina.
Chiedo a P. Stefano, ex provinciale, e al responsabile del C.A.M. P. Corrado di raggiungere con l’espressione più grande della mia gratitudine e dei confratelli nigeriani, piccoli e grandi, sani e ammalati, tutti i nostri benefattori, senza i quali sarebbe stata impossibile la vostra e nostra opera missionaria in Nigeria.
In questi ventitrè anni di missione nel cuore dell’Africa, ho visto compiersi tante cose meravigliose. L’opera che corona tutte le altre è certamente la casa di accoglienza intitolata a P. Pio da Pietrelcina ed è ispirata alla sua “Casa sollievo della sofferenza”.
Essa non soltanto completa il più bel complesso architettonico che abbiamo ultimato qui ad Ibadan, nel villaggio di Olunde, zona periferica di questa vastissima città, che conta ormai più di sei milioni di abitanti, ma apre una nuova pagina della nostra azione-presenza in Nigeria.
Terminata la prima fase dedicata alla “prima formazione“ ci viene offerta la possibilità di operare, non più in modo pionieristico ed amatoriale, nel campo socio-assistenziale, umanitario, con speciale attenzione alla salute fisica, morale, intellettuale dei bambini più svantaggiati, facendo da punto di riferimento e supporto a loro e alle loro famiglie.
La Casa di accoglienza si è già dimostrata all’altezza degli scopi per cui è stata voluta. Naturalmente, usufruendo delle forze disponibili, abbiamo continuato a lavorare nel campo socio-sanitario avvalendosi della fiducia conquistata per la disponibilità verso i malati e per la risposta che diamo loro. Il vicino ospedale di St. Mary’s Eleta, situato a poca distanza dalla nostra casa, è sempre disponibile ad accogliere pazienti che noi presentiamo garantiti dal nostro sostegno economico.
Ospitiamo, come in passato, persone che necessitano trattamento specialistico nella loro malattia e che provengono da altre città e villaggi e attendono servizi offerti dall’ospedale Collegio Universitario (U.C.H.) che è il migliore della nazione.
Nigeria-Ibadan: Casa di Accoglienza e di Solidarietà - i bambini danno il benvenuto agli ospitiAccogliamo casi di bambini disabili per prepararli e indirizzarli verso centri di riabilitazione. Le famiglie non sono ancora pronte ed esporre al pubblico situazioni imbarazzanti. Spero che quando avremo organizzato anche l’attività post-scolastica, i bambini disabili potranno essere meglio accolti dai loro coetanei.
Inserita nella casa è la scuola di Computer, iniziata già prima nella portineria del Convento, va molto bene, seguita non solo dai giovani dei nostri gruppi francescani ma anche dai nuovi vicini di casa. Per motivi di sicurezza non possiamo attrezzare pienamente la sala che è destinata a questo scopo, così pure il salone adibito a ricreazione e la palestra. Stiamo spendendo i nostri risparmi in serrature e cancelli. Quando l’attività avrà il suo pieno ritmo, con la collaborazione e la presenza di volontari ben preparati, preferibilmente di madre lingua locale, “Yoruba“, con il contributo dei nostri giovani frati al loro rientro dalle università cattoliche romane dove stanno frequentando corsi di specializzazione, allora potremo costatare quanto sia stato utile realizzare questo ambiente.
Abbiamo già fatto attività di accoglienza di gruppi di studio, di lavoro e di formazione, seguiti da nostro personale preparato. Gli stessi nostri confratelli cappuccini studenti di filosofia possono esservi inseriti.
Abbiamo avuto occasione di ospitare un gruppo di volontari, personale medico e paramedico, venuto dall’Italia, che si è dedicato all’assistenza in ospedale e in una casa per orfani in un villaggio presso Ijebu-Ode. Tutti amici delle monache Clarisse di Cortona e di Ijebu Ode ed ora anche nostri. Abbiamo già potuto sperimentare che la Casa di Accoglienza di Padre Pio può essere veramente un Centro di sollievo per l’anima e per il corpo.

Ricordi... Al Convegno di informazione e formazione alla Missionarietà
Un giovane pratese

Mi è stato chiesto di scrivere quelle che sono state le mie impressioni, ciò che mi ha colpito di positivo in questo incontro programmato dal C.A.M. che ha goduto della presenza di ben tre missionari provenienti dal Tanzania.
Al di là delle tematiche svolte dai tre confratelli, che senz’altro hanno continuato ad aprire la mia mente e il mio cuore verso il mondo della missione, ad approfondire il valore di certe scelte di volontariato, è stato un momento che mi ha riportato in un modo coinvolgente alle ricche emozioni, ai momenti di riflessione, di impegno e di fratellanza, ai quali ho partecipato nell’Estate 2006 presso la missione di Kongwa, Mkoka e Mlali Kituo in Tanzania. Là soprattutto ho capito, ma non solo io, anche i miei amici che sono stati con me in quell’esperienza di condivisione missionaria, che chi si dona con gioia, chi si apre agli altri con umiltà e senza pregiudizi chi ama incondizionatamente il fratello accanto a sé e cerca il dialogo nella condivisione, riceve un dono ancora più grande e fa germogliare gioia in chi sta al fianco.
Dopo l’esperienza in missione, dove siamo stati accolti dalla indimenticabile ospitalità dei padri e delle popolazioni locali, che ci hanno coinvolti, trasmettendoci la gioia di stare insieme nell’amore di Cristo, oggi che ci siamo ritrovati tutti qui al Cenacolo Francescano in questo fraterno incontro, ho capito che quella avventura estiva non poteva essere finita lì, come un’esperienza tra tante esperienze, come una toccata e fuga. Ho capito, anzi abbiamo tutti capito e ce lo siamo detto, che questo nostro ritorno a casa, doveva impegnarci in un cammino seguendo l’esempio ricevuto attraverso i missionari cappuccini. Dobbiamo continuare la missione nel mondo.
Pronti a collaborare con il Centro Missionario che ci ha dato l’opportunità di fare questa scoperta e di vivere questa meravigliosa avventura, ma anche nelle varie realtà in cui viviamo. Attraverso scelte di volontariato che ci pongono, e con gioia, a fianco a chi è nel bisogno.
Questo ci ha ricordato il P. Francesco Borri nella sua esauriente relazione, nel corso della quale ci ha richiamato sul come dobbiamo essere sempre missionari, e non solo un mese all’anno quando scendiamo in Africa o in altra regione dove sono i popoli in via di sviluppo. Forse dovremmo adoperarci per creare anche nuovi gruppi missionari, non tanto per reperire aiuti da trasferire nella solidarietà materiale ed economica, ma soprattutto per aiutare tanti nostri amici a diventare testimoni della fede, pronti ad agire nel proprio contesto sociale con una mente aperta e universale.
Andare oltre i confini del nostro piccolo mondo per fare della nostra vita un dono, perché la nostra vita è un dono e il dono deve essere condiviso. La vita ce l’ha donata Dio non la sprechiamo, facciamola fruttare.
La prima missione che ci attende è quella di creare prima di tutto e innanzitutto un mondo di fraternità.
Tanti auguri! E… Ad Multos Annos.

Agosto 2007 Esperienze missionarie in Africa
Tanzania-Mlali: il gruppo del Campo di lavoro con i piccoli pazienti e i collaboratoriLeonardo Gallo
“Cosa ci vai a fare in Africa?”. Questa è stata la domanda che tante persone mi hanno posto prima della partenza, ed io, nei loro confronti sono stato sempre un po’ sfuggente.
Tuttavia sentivo con certezza che dovevo viverla questa e­sperienza, anche se significava andare persino contro i propri genitori: “un ragazzo di 19 anni dovreb­be pensare a divertirsi con amici e porsi in modo più spensierato nei confronti della vita!”.
Ora posso rispondere: sono andato in Africa per poter dire di aver vissuto. In quel breve mese di agosto mi sono sentito più vivo che mai, a cominciare da alcuni gesti e situazioni che la mia memoria ha ben fotografato. Bambini affamati che ti vengono incontro mentre torni al Kituo per chiederti “pipì” (cara­melle) o “picha” (foto) e che, vedendomi affannato per aver giocato una partita di pallone, si svuotano le tasche per darti fino all’ultima nocciolina che hanno raccolto durante il giorno. Oppure i bambini del Kituo che, mentre li aiutiamo a camminare “passo dopo passo”, si lasciano cadere non per stanchezza ma perché tu possa dare loro ancora quell’attenzione e quell’amore che desiderano, op­pure ancora una donna col bimbo sulle spalle che ci sorride piena di felicità e di gratitudine per averle acquistato due cesti di banane lasciandole il resto.
In definitiva, a parte l’atmosfera magica della savana, i grandi spazi aperti rivestiti di terra rossa che ti tra­smettono un senso di libertà e gli intensi tramonti carichi di arancio e di rosso, il senso per me più importante è stato questo: tutti i (miei) bambini del Kituo, i loro sguardi, i loro sorrisi i loro gesti semplici, questi sono stati i veri protagonisti di questa indimenticabile esperienza! Essi non sono un semplice ricordo legato al passato, ma li sento ancora vivi, vivaci dentro il mio cuore, soprattutto quando mi trovo ad affrontare situazioni che a me paiono difficili e penso di non farcela.

Tanzania - Mkoka: il sorriso dei bambini  Francesca Niccheri
Sono partita! C’è stato un “sì” che dieci minuti dopo averlo pronunciato, mi ha gettata nel panico. Sono un’abitudinaria e nell’abitudine trovo sicurezza. Mi sembra già distante Prato da Firenze, figurarsi la Tanzania! Ci ho messo un po’ per abituarmi all’idea di trascorrere un mese in Africa e l’impatto è stato forte. La terra rossa ti entra negli occhi, e non solo letteralmente, ma perché è bella; di un colore che ti rapisce, così come il cielo, dipinto dal migliore degli artisti il giorno, stellato da non poter distogliere lo sguardo la notte. E i sorrisi della gente, le voci dei bimbi, che ti prendono per mano e chiedono caramelle… è quasi facile sentirsi sereni in Africa, il confronto con l’altro, che assilla i nostri giorni occidentali viene meno. Siamo vincitori in partenza.
Noi abbiamo e loro no, non ci si sente minacciati. Ma la nostra comodità, i nostri vizi, sono pagati con le povertà di molti. Trovo il coraggio di guardare e vedo meglio. La case sono capanne, l’acqua è poca e mal distribuita, i bimbi dai volti impolverati vestono abiti rovinati; i funghi sulla loro pelle sono ben visibili e i segni lasciati dalle tante malattie, ancora presenti in Africa, parlano attraverso i corpi mal curati, i diversi handicap e il numero esiguo di anziani. Le persone che incontro sorridono al mio saluto, ma i loro occhi parlano di una sofferenza non detta.
Ora sono a casa e sebbene siano ancora molti i pensieri che mi affollano la mente, mi sento meno apatica, più in forze. Ho il desiderio di costruire, di aiutare il fratello nel bisogno, consapevole che, questi, permettendomi di dare, è il primo ad aiutarmi. Grazie Africa! Grazie Dio!!!

Tanzania -Mlali: La festa dei bambini  dell'ospedale per bambini motolesiElena Masini
È la mia seconda esperienza africana dopo otto anni, che bello! La prima l’esperienza fu talmente ricca di doni stupendi che il desiderio di ritornare è sempre stato vivace dentro di me, e quest’anno finalmente è accaduto! Nonostante i timori dei genitori, i dubbi di alcuni amici che spesso mi dicevano “cosa torni a fare se ci sei già stata?!”, e non ultimi, i problemi logistici, per un periodo di ferie difficile da ottenere.
È stato come tornare a casa. Come se la mente ed il cuore non fossero mai venuti via veramente da lì. È bastato un attimo, perdersi negli occhi dei bimbi per superare tutte le difficoltà incontrate.
I bambini... ecco il motivo del mio tornare. Quest’anno ho potuto viverli ancora meglio della prima volta perchè non ho avuto bisogno di “ambientarmi”, ho assaporato tutto il loro affetto dimostratoci da subito con il sorriso stupendo con cui ci hanno accolto e la voglia di stare con noi.
La loro gioia, quando tutti insieme suonavamo semplici strumenti musicali ottenuti utilizzando i tappini usati delle bibite, oppure disegnavamo insieme con i colori, o portavamo loro delle caramelle o scattavamo insieme delle foto.
Ho rivissuto la loro dignità nel vivere il dolore quando, pur soffrendo tantissimo per le cure fisiche a cui sono sottoposti, piangono in silenzio senza lamentarsi.
Ho rivisto l’amore gratuito negli occhi e nei gesti dei missionari, delle suore e del personale che si prende cura di loro. Ho vissuto giorni stupendi con tutte le splendide persone del nostro gruppo e ho conosciuto tanti altri volontari che prestavano servizio nelle missioni.
Tutto questo ho riportato con me e questo è il punto da cui ripartire, perchè la cosa migliore per superare la grande nostalgia che ti resta è impegnarmi nel mio piccolo a cercare di aiutare i bimbi da qui e ringraziare il Signore per l’immenso dono ricevuto.

Francesco
Dopo un’esperienza così forte non si può fare a meno di pensare in modo profondo alla propria vita, a cosa è stata fino a un mese fa.
Posso dire di aver incontrato un mondo che in fondo ho sempre desiderato di conoscere e sperimentare. Grazie a Padre Flavio ho avuto l’opportunità di conoscere L’Africa così da vicino e soprattutto quel piccolo angolo di vera fraternità,” che è il Kituo”; un ospedale per bambini motolesi.
È stato proprio grazie a questi piccoli che ho vissuto un mese indimenticabile! Bambini sofferenti per le gravi malformazioni ossee, ma non per questo tristi e pronti a regalare sempre sorrisi e sguardi pieni di vita e speranza. Ho rivisto in loro quello che sicuramente noi nella nostra civiltà super tecnologica, abbiamo dimenticato. La straordinaria voglia di vivere nonostante la loro condizione di sofferenza, e la dignità che mantengono nella situazione di povertà, spesso grave, in cui vivono.
Profumi, colori e ritmi straordinari, spesso suonati con i bambini del Kituo, hanno reso ancora più emozionante la nostra permanenza a Mlali.
Posso dire di aver conosciuto persone speciali con le quali ho condiviso questo periodo di assoluta fraternità e ringrazio chi ha reso possibile tutto ciò.