50°
d’oro: una promessa autentica, un impegno totale
Fra Johnson, Vicario Coadiutore |
Prendo
l’occasione dal 50° di sacerdozio di fra Eugenio Mattioli,
per esprimere i miei sinceri auguri e apprezzamenti a lui per
la sua promessa fatta al Signore e una vita di totale impegno
alla Sua chiamata al servizio degli uomini. È una cosa
bellissima che offra questo al Signore, come un’oblazione...
Meraviglioso! P. Eugenio è nato a Salutio nel 1931, un
piccolo paese vicino ad Arezzo. Sua madre gli insegnò
le principali preghiere e una base del Catechismo. Il bambino
crebbe e la preghiera lo avvicinava sempre più al Signore
e agli altri. Dopo aver finito la scuola, entrò nel seminario
minore di Poppi.
Per la prima volta sentì che quel luogo esprimeva ciò
che aveva sempre sentito interiormente con la Sua chiamata.
Era un fuoco interiore sempre acceso. La mamma lo benedì
e lo accompagnò con la preghiera. Gli anni a Poppi gli
insegnarono le prime lezioni dello stare con il Signore. Fu
l’opportunità di costruire una base cristiana,
quella stessa base che era già iniziata in maniera decisa
a casa. Il senso dell’impegno stava crescendo in lui in
quegli anni. Finalmente fu promosso e inviato al noviziato di
Cortona, con l’intento di conoscere sempre più
Gesù e il progetto che aveva su di lui. Cortona, con
la sua traboccante bellezza naturale, fu un ulteriore incentivo
per penetrare a fondo nel suo convincimento. La vita di santa
Margherita da Cortona lo influenzò moltissimo e anche
la sua mamma continuò ad incoraggiarlo a vivere una vita
dedita al Signore e alla sua gente. Così fece i primi
voti religiosi, con lo spirito gioioso e pieno di ringraziamento
all’Altissimo. Fece gli studi filosofici ad Arezzo, Siena,
poi a Pisa e a Firenze gli studi teologici: dove capì
che Dio non era solo un padre amorevole, ma il “suo”
padre amorevole.
Scoprì, con la parabola del figliol prodigo, il concetto
di padre magnanimo. Quelli erano i tempi in cui abbandonò
le ambizioni legate alla sua vita personale e, ora che stiamo
celebrando il suo Cinquantesimo di Sacerdozio, possiamo riconoscere
in lui il padre magnanimo... generoso, amorevole, e meraviglioso.
Parliamo spesso di argomenti legati al danaro: specialmente
in relazione alla carità verso gli altri, e ogni volta
trovo in lui il padre magnanimo che ben conosciamo... un padre
che capisce le difficoltà del popolo di Dio, che crede
in Lui, un padre generoso come il padre della parabola nel Vangelo
di San Luca. Finiti gli studi, il 16 marzo 1957, fu ordinato
e la sua promessa autentica si stava trasformando in un impegno
totale. La sua prima esperienza fu come cappellano negli ospedali,
ma il Signore gli aveva riservato una maggiore gloria. Dopo
gli studi in Irlanda, si imbarcò nel suo primo viaggio
verso Aden: essere un uomo di Dio, essere un missionario. Con
lui c’era anche P. Angelo Fiumicelli. Determinato nel
seguire Cristo, iniziò a lavorare nella vigna del Signore,
non solo in parrocchia ma anche come educatore nelle scuole.
Andò in Barhain il 6 giugno del 1961, fu assistente fino
al 1964 e nel ’65 divenne parroco. Una vasta area da guardare,
vicino al golfo di Abu Dhabi, Dubai, Sharjah, Qatar, Oman, etc,.
tutto da solo. Fece un lavoro durissimo, ma con spirito gioioso
e infaticabile, un’autentica espressione del suo impegno
totale verso Dio e verso i fratelli. Poi i lunghi anni di servizio
come Vicario generale della Diocesi e Superiore Regolare dell’Ordine
dei Cappuccini furono ammirabili... Ora, al di là di
tutto, non posso, guardandolo, che prostrami in ammirazione,
con convinzione: i suoi 50 anni... una prova dell’autentica
promessa e di un impegno totale.
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Ricordi... poveri,
ma ricchi di vita...
di
P. Adriano Benini
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Padre
Carissimo Eugenio
Sono quasi venti anni che ci siamo persi di vista, cioè
da quando lasciai l’Arabia. Non ho mai detto perché
partii, anche se a quel tempo dissi che volevo prendere l’anno
sabbatico: ma stavo molto male, ero già svenuto diverse
volte ed i medici non avevano saputo dirmi il perché. Solo
in Italia scoprirono che avevo il diabete molto alto (sopra i
500) e mi consigliarono di non tornare in Arabia. Dopo quasi trent’anni
trascorsi in Arabia si sente tanta nostalgia dei posti, e soprattutto
dei compagni di lavoro. Ma chi sarà ancora al centro di
quelle facce? Sempre tu, come compagno, come confratello, come
amico e come superiore. Ti ricordi quando, una sera del tempo
Natalizio, ci raccontavamo che anche quell’anno avevamo
dormito così poche volte nei nostri letti; ma ogni settimana
eccoci raminghi per l’immensa Arabia sempre alla ricerca
dei nostri cristiani. Un lunedì eri tu a partire, il seguente
toccava a me.
Quelli erano i tempi eroici del nostro vastissimo Vicariato Apostolico.
Eravamo Missionari e un po’ pionieri. Però quando
tornavo, chi c’era ad aspettarmi all’aeroporto? Il
mio caro Padre Eugenio. E mentre mi riportavi a casa io ti raccontavo
i punti più salienti del mio viaggio apostolico e tu mi
domandavi: “sai che cosa ti ho preparato?”. Qualche
volta ti buttavo le braccia al collo e tu gridavi: “Sta’
fermo che non vedo la strada”. Ed io mi mettevo a cantare;
“Noi siam la guardia alla frontiera, noi siamo i lupi dei
confini, abbiamo per motto una bandiera solo per vincere o morir”.
Spesso non mi lasciavi finire gridando: “Non hai qualcosa
di meglio? Questa puzza di ventennio!”. “No, questo
è il canto degli arditi e noi lo siamo!”. Caro Eugenio
questi poveri ricordi di momenti vissuti insieme sono appena la
pallidissima scorza di qualcosa che bruciava in te. Ci vuole pochissimo
ad indovinarlo. Nell’occasione del tuo Cinquantesimo Sacerdotale
lo voglio gridare a tutti. Ma che dico, tutti conoscono il tuo
grande amore alla missione ed ai tuoi confratelli. Perché
i tuoi confratelli ti hanno eletto e rieletto Superiore del vicariato
Apostolico d’Arabia sei o sette volte? Ho perso il conto.
però questo è certo: che nessuno è mai stato
eletto tante volte come te. I tuoi confratelli conoscevano bene
il tuo spirito e la tua volontà. Ma c’è molto
di più! La tua umiltà.
Quando il vecchio Vescovo Irzio Magliacani si ritirò, per
età e per malattia, si seppe che tu eri l’eletto
come successore vescovo e che fosti convocato dal cardinale di
“Propaganda Fidei” ma tu per umiltà rinunciasti.
E questo come si chiama? Io la chiamerei umiltà e non poca.
Le doti non ti mancavano. Caro Eugenio, pochi conoscono le difficoltà
che devono affrontare i missionari, per esempio come bisogna tornare
bambini per imparare le lingue e noi del Vicariato Apostolico
d’Arabia dovevamo impararne tante per far fronte alle molte
comunità del nostro Vicariato. Non potrò essere
presente alla tua Messa del giubileo ma spero mi inviterai ad
una delle celebrazioni al tuo prossimo ritorno in Italia. Vorrei
ricordare con te tanti bei momenti passati insieme.
Ti ricordi quei sabato sera quando tornavo a Bahrain per aiutarti
nella tua isola dopo che io ero andato ad aprire la missione nel
Qatar? Ti ricordi quando, per la rivoluzione del Qatar e la detronizzazione
dell’emiro furono, chiuse tutte le comunicazioni, persino
le vie telefoniche; appena potei telefonarti tu al telefono gridasti:
“Meno male sei sempre vivo!”. Mi volevi bene vero?
Io te ne voglio ancora! Ed invidio la tenace volontà che
ti tiene legato al tuo lavoro, alla tua missione, ed alla nostra
Arabia.
Tanti auguri! E… Ad Multos Annos.
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Il cuore
di Prato verso l’Africa
pratoblog.it (Tv di Prato) |
Ci
accoglie con tranquillità, padre Corrado, quando lo andiamo
a trovare. Con serenità ci guida in una stanza spartana
che cozza con la ricchezza architettonica del quartiere in cui
la chiesa dei Cappuccini è situata. Quasi come se avesse
colto la nostra sorpresa, il padre fa una battuta: «È
vero, una presenza francescana in un quartiere come questo sembra
strana. Ma dovete pensare che, agli inizi, quando nel 1565 i
primi frati si stabilirono nella zona, al posto del quartiere
in che vedete ora, qui c’era un lazzaretto».
Un avamposto, quello dei cappuccini di via Diaz, che qualche
anno fa ha rischiato di essere chiuso, per carenza di vocazioni.
«Le vocazioni sono molto diminuite - afferma il padre
- ma quelle che ci sono sono autentiche. E radicali, dal momento
che i nostri giovani scelgono quasi tutti di occuparsi di settori
critici, come tossicodipendenti e senzatetto. A salvarci dalla
chiusura spiega il padre - fu solo il Centro Missionario. Una
delle missioni, risalente a fine ‘600, il Vicariato Apostolico
d’Arabia, è un “avamposto” Cappuccino
negli Emirati Arabi. “Quella negli emirati arabi - spiega
padre Corrado - non è una vera e propria missione di
evangelizzazione”.
La nostra presenza lì ha avuto inizio per dare aiuto
e assistenza agli emigrati cattolici di diversa origine, indiani,
palestinesi, libanesi. Negli Emirati - ci dice padre Corrado
- la presenza dei Cappuccini toscani sembra essere molto tollerata.
Non ci sono stati particolari problemi a costruire le chiese
- spiega il padre - bastava rispettare certe regole. Ad esempio,
le chiese dovevano essere circondate da un muro, perché
gli islamici non devono vedere i segni delle altre religioni».Un’altra
missione che trova i Cappuccini Toscani in prima linea è
quella che li ha visti in varie zone dell’Africa, in particolare
in Tanzania e in Nigeria. Mentre la Tanzania può considerarsi
una mosca bianca, in quanto la guida del paese ha creato una
coscienza nazionale e, soprattutto, è un’area dove
non ci sono grandi interessi economici, in Nigeria è
diverso. La situazione nella zona - come ci spiega il padre
- è ben più grave, con una maggiore povertà.
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L’Africa
continua a
crescere
intervista al Cardinale Francis Arinze
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Una
delle figure emergenti della Chiesa, appartenenti al mondo
africano è il Cardinale Francis Arinze. Avemmo la fortuna
di conoscerlo fin dal 1993, quando, Arcivescovo di Onitsha
in Nigeria, chiese al nostro Ordine di entrare a far parte
di questa sua diocesi per rendere presente, attraverso una
testimonianza viva, il carisma Francescano, che in quelle
regioni del Sud-Est della Nigeria non era conosciuto. Ci siamo
incontrati recentemente in Enugu, in occasione dell’ordinazione
sacerdotale di alcuni giovani appartenenti ad ordini religiosi,
compreso il nostro. Abbiamo domandato al Padre, così
ama essere chiamato, qualche dichiarazione in merito alla
celebrazione del prossimo II° Sinodo della Chiesa Africana.
E lui ha scritto per noi questo breve articolo: “Bisogna
prendere atto che l’Africa continua a crescere nei numeri
e nelle qualità. Sono 53 i paesi che compongono il
Continente Africano, pertanto bisognerà evitare ogni
generalizzazione e seguire le indicazioni che riguardano la
vita interna della Chiesa nelle nazioni africane. La crescita
è un dato di fatto.
Gli esperti ci dicono che l’Africa è il continente
con la più alta percentuale annua di crescita per la
cristianità nel mondo. Moltissimi africani chiedono
e ricevono il battesimo ogni anno. In alcune nazioni i seminari
e i noviziati femminili hanno più candidati di quanti
possono ragionevolmente accogliere. Nuove parrocchie e diocesi
vengono create. Comunque l’Africa non è soddisfatta
dei numeri, ma è in ricerca delle qualità: in
modo particolare riflettendo su ciò che l’Esortazione
Apostolica post-sinodale, Ecclesia in Africa propone. Per
questo vengono organizzate in molte diocesi sessioni per l’approfondimento
e corsi di aggiornamento”.
Sono in corso anche molte cause per la beatificazione di fedeli
africani. Tra le più recenti, quella del presidente
della Tanzania Julius Nyerere. Gli africani stanno cercando
di vivere la loro fede sempre più coerentemente. I
fedeli laici si mostrano sempre più attivi. Sacerdoti
e religiosi si adoperano nell’impegno missionario anche
fuori dell’Africa. “La chiesa in Africa non è
chiusa in se stessa”, afferma il Cardinale. “Essa
condivide le gioie e le speranze, problemi e sfide dell’intera
società africana. Le dolorose situazioni di violenze:
Somalia, Costa d’Avorio, la Repubblica del Congo e le
Regioni dei Grandi Laghi, la tragedia del Darfur... sono preoccupazioni
costanti. La sfida della costruzione di una nazione nell’armonia
e nel pacifico sviluppo dei popoli, da una condizione di numerosi
gruppi etnici, aggregati in un unico paese da parte delle
potenze coloniali, resta ancora presente. Un esempio viene
dalla Nigeria. In più, povertà e miseria, malattie
e soprattutto l’Aids sono problematiche concrete che
hanno intaccato una larga fascia della popolazione e la tengono
stretta in una morsa. Non neghiamo che alcuni passi positivi
sono stati fatti: il graduale passaggio alle democrazie parlamentari:
Tanzania, Sud Africa (con il superamento dell’Apartheid),
Senegal, Ghana, Malawi e Zambia.
La chiesa africana non intende fare politica, ma vuole contribuire
con l’annuncio evangelico a richiamare alla conversione
dei cuori, al rispetto dei diritti umani, al riconoscimento
delle proprie colpe e alla riconciliazione, alla clemenza
e all’armonia. I fedeli laici sono invitati a prendere
coscienza che è loro compito portare lo Spirito di
Cristo nei vari settori della società. Nelle chiese
locali varie sono le iniziative per le opere di solidarietà
e spesso dobbiamo riconoscere che sono i poveri che aiutano
i poveri. Movimenti che educano alla giustizia e alla pace
le giovani generazioni sono presenti in varie diocesi. Le
conferenze episcopali discutono sulle questioni nazionali
con coraggio e amore. Molti profughi e rifugiati trovano accoglienza
e cure nella realtà ecclesiale, nell’incontro
con la Chiesa trovano chi mette di nuovo il sorriso sui loro
volti”.
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Nella
Luce di Gesù Risorto ricordiamo la nostra sorella
Maria Agostini
fra
Fr. Corrado
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Maria
ci ha lasciato per raggiungere la meritata gloria che il
Signore partecipa ad ogni servo buono e fedele. Il nome
di Maria Agostini è particolarmente legato alle nostre
missioni: era una donna di fede profonda, vissuta con altrettanta
fedeltà alla maniera di S. Francesco e apparteneva
infatti da tantissimi anni alla fraternità O.F.S.
di Pistoia. Animatrice e sostenitrice, fino agli ultimi
giorni della sua vita, del laboratorio missionario presso
il Convento dei PP. Cappuccini di Pistoia, per il quale
si rese disponibile fin dalla sua fondazione. Impegnata
costantemente insieme ad un gruppo di consorelle a collaborare
con il Segretariato Missioni di Firenze prima e di Prato,
dopo il trasferimento della sede. Le sue mani hanno confezionato
per moltissimi anni indumenti per bambini e adulti; e a
chi le domandava: “Ma è proprio utile questo
vostro lavoro?” rispondeva: “Avete dimenticato
che tra le opere di misericordia corporali esiste anche
vestire gli ignudi?”. Quando è venuta meno
l’urgenza di questo tipo dei collaborazione, Maria
non si è fermata, non ha chiuso il laboratorio: ha
saputo cogliere i segni dei tempi, indirizzando il suo lavoro
e quello delle amiche e consorelle verso bancarelle e mercatini
allestiti presso conventi e parrocchie (il cui ricavato
dalle vendite veniva destinato alle missioni). Certamente
l’assenza di Maria ha creato un grande vuoto, sia
nella sua famiglia, come nella fraternità francescana.
La sua persona era così esile fisicamente, ma tanto
energica e decisa nel compiere il bene e poi nella fedeltà
alla preghiera, nel vivere la scelta fatta nell’O.F.S.,
mantenendosi fedelissima agli incontri fraterni. I missionari
e il C.A.M. la ricordano con amore e la ringraziano. Carissimi
amici e fratelli, non vi chiedo preghiere per Maria, perché
sento di poter affermare che ora Maria è nella casa
del Padre e prega per tutti noi. Vi chiedo preghiere e opere,
per i missionari come sull’esempio di Maria Agostini.
Pace
e bene!
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