Un nuovo sguardo
Simone
Upanga_Simone e fra GiorgioMkoka (Tanzania) Lisa delegata della ONLUS Gabnichi di Siena, P.Egidio e P.Corrado con i bambini dell'asilo

È difficile dare l’idea dell’intensità, delle forme, delle conoscenze, degli itinerari fisici e spirituali che si sperimentano nel viaggio in Tanzania. La prima volta che sono sceso (agosto 2006 – gruppo campo lavoro), la permanenza ha avuto ragioni ed obiettivi diversi, ampiamente discussi nei mesi scorsi. Oggi, porto testimonianza di una rinnovata esperienza dal taglio particolare.
Prima motivazione del viaggio: la nuova scuola secondaria, progettata dall’architetto Luca Venturi (lo stesso che progettò l’asilo “Nazareth” a Mkoka), finanziata dalla fondazione Gabnichi che sorgerà nei pressi della missione. Per dare il via ai lavori c’è stato bisogno di tutta una serie di incontri di verifica con le autorità locali; con il Provinciale, con il Vescovo (uomo sensibilissimo alla tematica educativa) che calorosamente ci ha accolto nella sua residenza a Dodoma ed è apparso entusiasta del nuovo lavoro. Kongwa, per tutte queste ragioni è la zona di missione in cui abbiamo soggiornato più a lungo.

Seconda motivazione: la definizione e la verifica di alcuni casi di adozione e la partecipazione ad una giornata di incontro, svoltasi a Mkoka il 25 gennaio con le famiglie dei primi bambini che entreranno nell’asilo “Nazareth”. Qui c’è stato lavoro per Lisa, in veste di portavoce della Fondazione Gabnichi, molto impegnata sul tema delle adozioni.
Terza motivazione: stare in famiglia con i missionari: uomini di fede, coraggio, pazienza; e nonostante la mole enorme di lavoro di cui sono responsabili, e le molte persone di cui si circondano, hanno bisogno di dialogare o anche, più semplicemente, di esporre le loro ragioni con la massima franchezza.

Questo aspetto del viaggio non è marginale. C’è stata l’occasione di approfondire l’amicizia con i missionari, alcuni nuovi e altri conosciuti appena in agosto, durante il campo lavoro (poco tempo e molti ragazzi! Ora eravamo in tre: P. Corrado, Lisa ed io). Siamo stati un po’ con tutti: P. Leonardo a Pugu, con P. Giorgio, P. Mario, P. Silvano a Upanga, con P. Fabiano a Kibaigwa (con lui ho visitato Gairo e sono stato alle celebrazioni delle messe nei villaggi delle vicinanze); con P. Egidio a Mkoka e infine, con P. Silverio e P. Francesco a Kongwa e con Suor Anastasia e Suor Virginia e tutte le altre.

È stato un viaggio ricchissimo! P. Giorgio ci ha portato a visitare un quartiere nella periferia di Dar es Salaam, un quartiere poverissimo e degradato. Lì è emerso ancora un altro volto della povertà, forse più truce, quella povertà e miseria che si abbarbica intorno alla grande città, come spesso accade in Africa. In queste realtà sembra di essere sinceramente impotenti: soprattutto qui, la figura del missionario, continua a rimanere centrale e necessaria. Per questo è indispensabile aiutarli.
Per finire la natura. Ad agosto avevo lasciato una bella ma secca terra nuda, ora ritrovo una ”signora” vestita del verde più acceso, più luminoso che avessi mai visto…
Tutto, riguardando a quel breve periodo, mi fa pensare a Dio, Dio in ogni piccola cosa, nel più piccolo frammento.

La missione di P. Egidio Guidi

P.Egidio GuidiPadre Egidio Guidi, cappuccino, originario di Premilcuore, dove è nato nel 1933 e missionario in Tanzania dal 1963. Recentemente di passaggio a Forlì, per fare visita a familiari e amici, ha presentato la sua attività anche nel paese d’origine, dove sono state raccolte offerte a favore della sua missione. “A tre anni e mezzo, dopo la morte di mia madre, lasciai Premilcuore, per andare a Prato, nel collegio dei Celestini – racconta Padre Egidio, cha a 73 anni parla con grande vitalità degli oltre 40 anni di missione e dei progetti futuri – lì rimasi fino al 1946 quando sono entrato nel seminario dei Cappuccini.

Il Signore chiama sempre in modo misterioso e per me la scoperta della vocazione è iniziata quando, dopo la seconda guerra mondiale, venne al collegio un ragazzo, oggi frate anche lui, che aveva già l’idea di farsi frate cappuccino. Qualche tempo dopo, passando davanti ad un immagine di Cristo, mi parve di sentire una voce che mi chiamasse e così sono partito!”. Nel 1951 la professione semplice poi nel 1954 quella solenne infine nel 1958 l’ordinazione sacerdotale. “Già da quando ero studente pensavo alla missione, ma non era possibile subito.

Dopo l’ordinazione andai in servizio a Firenze negli ospedali di Careggi e al Meyer, poi a Modigliana dove Mons. Massimiliano Massimiliani mi inviò a far sevizio pastorale in parrocchia. Qui a Modigliana il superiore mi comunicò che potevo partire per la missione. Sono partito il 6 giugno 1963 per la Tanzania, mentre a Roma era in corso l’elezione del Papa Giovanni Battista Montini, Paolo VI”. In Tanzania ha lavorato in varie missioni: Mpwapwa, Kibakwe, Mbuga (situata a 2000 metri dove è rimasto per 25 anni), Mlali, Kongwa e Mkoka, dove risiede oggi.

“Cominciai a Mpwapwa e quando lasciai la missione era sorta la Casa delle suore, l’Asilo, la Casa nuova dei padri ed era iniziata la costruizione della nuova chiesa. Anche a Mlali abbiamo costruito la chiesa, mentre a Mbuga abbiamo realizzato chiesette nei villaggi. A Mkoka all’inizio avevamo a disposizione solo un hangar, ora ci sono l’asilo, (inaugurato il 5 agosto scorso), la chiesa, a cui mancano solo il pavimento e le vetrate, e la Casa delle suore. Vogliamo costruire un Ostello per le ragazze che frequentano la scuola secondaria statale che ora è stata ingrandita.

La Missione, che ha anche quindici villaggi, si trova in una zona di pianura dove le persone di diverse tribù vengono da varie parti della Tanzania per avere un pezzo di terra da coltivare. Tenere insieme tribù diverse non è semplice. Per questo abbiamo quindici catechisti ben preparati che insegnano e frequentano periodicamente corsi aggiornamento. Un frate francescano, fra Agostino, mi aiuta nel lavoro”.
La maggioranza dei cristiani è di confessione protestante, presente fin dal 1914 mentre i cattolici sono arrivati solo nel 1963.
“A Mbuga abbiamo festeggiato recentemente il 50° anniversario della celebrazione della prima messa, la gente ricordava ancora molto bene il posto e lì è stato messo un cippo. Nella casa dove fu accolto il primo missionario la notte del suo arrivo nacque un bambino a cui fu messo nome “Padre”. Anni dopo abbiamo costruito in quel luogo la Maternità: un segno che il Signore ha benedetto quell’accoglienza. Quel villaggio inoltre ha già dato 6 preti alla diocesi. Ricorrono anche i 100 anni dell’arrivo del primo missionario in diocesi e della celebrazione della messa sotto un baobab, che esiste ancora. A quell’ albero ogni parrocchia va in pellegrinaggio”.

Volontariato sotto accusa
I missionari Cappuccini in Tanzania
Kongwa (Tanzania): P. Silverio , P. Corrado e Lisa Preparazione dei laterizi Kongwa (Tanzania): P.Corrado e Lisa con le suore missionarie dell’Immacolata di Ivrea che operano presso la missione

 

 

 

 

 

 

Da recenti ricerche, senza dubbio serie ed accurate, sono emerse serie accuse ad associazioni ONG e ad altre associazioni di volontariato. Soprattutto si sostiene che “i donatori e le agenzie hanno cercato di ottenere risultati rapidi e spettacolari, piuttosto che coinvolgere nei progetti le popolazioni locali”. (Studio ricerca della Università di Berkeley). Queste accuse sono state fatte in ordine agli ambienti distrutti dallo Tsunami. Non credo debba allargarsi ad altro tipo di ricostruzioni che riguardano soprattutto il servizio di promozione umana svolto presso le missioni cattoliche da volontari singoli, associazioni, gruppi votati alla carità e alla solidarietà cristiana. Non può valere lo stesso discorso e neppure avere solo il sospetto che ciò possa avvenire.

Non neghiamo che presso le missioni possono essere presenti vari tipi di volontari, spinti da motivazioni diverse e certamente anche noi in Tanzania e altrove ne abbiamo fatto esperienza. A proposito riporto una documentazione contenuta nella rivista missionaria Continenti del Febbraio 2006. Citando la storica Amina Yala, si sottolineano ben sei tipi di volontari che vogliono avvicinarsi alle missioni: “l’idealista, il militante, l’opportunista, il professionista, l’occasionale, l’avventuriero” Con tutto il rispetto per le indagini della storica, verrebbe da dire che all’elenco manca almeno un tipo di volontario: il Cristiano. Vada per l’idealista, che, se c’è stato, sta decisamente scomparendo; vada anche per l’opportunista, spinto a lasciare il proprio ambiente con la speranza di trovare nell’impegno umanitario “un lavoro informale”, senza obblighi di etichette varie; vada, infine per il professionista, che sceglie la solidarietà per la carriera o per una particolare remunerazione.

Ma il Volontario cristiano non può essere ignorato. Quando questi amici giungono, dopo accurata preparazione alla Missione, in genere hanno alle loro spalle un gruppo, spesso una parrocchia o addirittura un’intera Chiesa locale che li invia e ai quali chiede un resoconto e che domanda, al loro ritorno in sede, di essere strumento di animazione e di crescita del gruppo o della comunità. È un viaggio quello del volontario cristiano di andata e ritorno, di arricchimento mediante una comunione che si costruisce con il mondo da cui proviene, con il mondo in cui viene inviato. Esistono intere famiglie che lasciano sicurezze per trasferirsi in blocco in zone sconosciute per essere segno di amore fraterno.

Potremmo citare alcune famiglie dell’O.F.S. che tramite il Cemi-ofs. hanno compiuto questa scelta. Noi missionari Cappuccini Toscani abbiamo contatti con volontari, medici, infermieri e fisioterapisti, dentisti, presso il Centro di Riabilitazione di bambini Motolesi di Mlali. Qui non solo si svolge un servizio diretto per coloro che sono nel bisogno, ma cerchiamo, da parte dei volontari, di preparare persone del luogo perché possano in un prossimo futuro camminare da soli. Questo avviene anche presso i dispensari medici delle missioni.

Altra esperienza, tramite la collaborazione dell’associazione Onlus “Gabnichi” di Siena: la costruzione della scuola materna di Mkoka (Tanzania), affidata ad un giovane impresario tanzaniano e al suo cantiere; al medesimo la costruzione della nuova scuola secondaria di Kongwa. Questa cooperazione anche se viene seguita necessariamente da volontari che saltuariamente scendono per verifiche e controlli, ha coinvolto le persone del luogo.

Senz’altro, bisognerà fare ancora di più, ma siamo sulla strada giusta. Ci piace sottolineare che oggi in Tanzania, nell’area missionaria della diocesi di Dodoma per le opere in muratura che portiamo avanti - anche se i sostenitori economici sono le comunità, la Caritas delle chiese italiane, il C.A.M. di Prato, altre associazioni Onlus, alcuni gruppi di amici trentini e i geologi dell’università di Siena - la mano d’opera è dei fratelli africani che, dopo l’iniziale formazione data da cooperatori volontari e dai primi missionari (anni ’60-70), sono da loro portate a compimento. Tali affermazioni valgono anche per il settore “Acqua e idraulica” seguito dall’associazione di volontariato cattolico di Cuneo “L.V.I.A”.

Convegno Nazionale del Ce.Mi.Ofs
Enzo e Pia Picciano

Una fase del Convegno Ce.Mi.Ofs tenutosi

“Sperare è sentire che sia imminente qualcosa di nuovo che sta per sopraggiungere (Don Tonino Bello)”. Il volontariato, il laicato missionario e giustizia, pace e salvaguardia del creato sono i settori d’impegno che da quasi dieci anni l’OFS. sta percorrendo tramite la realtà del Ce.Mi.Ofs. Il centro missionario dell’OFS, istituito nel Maggio 1998 costituisce lo strumento operativo, “il luogo elettivo”, attraverso il quale l’OFS “permette a quei laici francescani, che intendono rispondere alla chiamata missionaria, di fare esperienze concrete, vitali e significative di formazione specifica per animatori e cooperatori missionari”.

Promosso e realizzato con il Consiglio Nazionale OFS d’Italia, da Salvatrice e Umberto Virgadaula, il Ce.Mi.Ofs vive oggi esperienze dirette di laicato missionario in alcune parti del mondo: 1) in Romania, proprio Umberto e Salvatrice operano dal 2005, con i piccoli Stefano e Cristiana e uno/a in arrivo, nel campo della pastorale familiare con il parroco Onesti, in comunione con la fraternità OFS della città e con i frati cappuccini; 2) in Venezuela, dopo l’esperienza di Marco e Ilaria di cui abbiamo già parlato in questa rivista, si sono avvicendati (sett. 2006) Eugenio ed Elisabetta Di Giovine con la piccola Teresa ed un altro in arrivo, per continuare le numerose attività pastorali e sociali insieme al parroco in Guanare; 3) da diversi anni vivono brevi periodi di esperienze di condivisione di vita e di servizio di vario genere, giovani e adulti, oltre che in Romania e in Venezuela, anche in Camerun, in Albania e in Tanzania, in collaborazione con i Cappuccini di Bari e del C.A.M. di Prato e a sostegno anche della Comunità Papa Giovanni XXIII.

La nostra speranza è che diventiamo sempre più attenti e pronti a rispondere con generosità alla chiamata del Signore nella consapevolezza che “Dio ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo proposito e la sua grazia; che ci è stata data in Cristo Gesù fin dall’eternità”.

In Italia, Toscana
fra Luca Maria

Domenica 28 gennaio si è celebrato nel Convento di Monte alle Croci a Firenze, il 1° Capitolo Unitario dell’OFS Toscano. Il percorso per arrivare a questo traguardo, durato circa tre anni, non è stato facile né indolore. Ministro Regionale è stato eletto Stefano Miniati, già responsabile del Comitato di coordinamento, che in questi anni ha gestito la preparazione al Capitolo Unitario.
Da sempre attento alle missioni e alle attività del CAM di Prato, la nostra redazione augura, a lui e a tutti laici dell’OFS, di superare tutti gli ostacoli che ancora permangono per il raggiungimento di una piena unità. Pace e Bene.

Dall’India
P. Lanfranco

P.Lanfranco

Carissimi confratelli e amici, vi comunico alcune notizie. Il progetto “Borse di studio”, anche se solo in parte, ha permesso a più di 100 giovani e ragazze di conseguire una laurea, un diploma o di trovare una stabile occupazione ed essere in grado, quindi, di poter aiutare le proprie famiglie: essi ringraziano vivamente. Tre anni or sono ebbi il permesso di fare una visita in Italia ed incontrai gli amici benefattori che avevano contribuito a questo progetto. Vorrei ripetere questa esperienza, purtroppo la mia vista, udito e memoria mi hanno in parte abbandonato. Rischierei di dimenticare i bagagli, perdere documenti, non essere in grado di leggere un biglietto del treno ecc… Con dispiacere devo rinunciare alla mia visita in Italia, ma spero che gli amici benefattori non siano meno generosi. Inviate le offerte al CAM di Prato, specificando per P. Lanfranco. Vi assicuro che tutte le offerte a me indirizzate vengono a me recapitate.

Giubileo d’oro della diocesi di Meerut

Rampur-India: P.  Lanfranco Iozzi che di certo non dimentica l’aiuto ai più bisognosi... (dal discorso del Vescovo Patrick Nair in occasione delle celebrazioni del Giubileo d’oro della diocesi di Meerut e della installazione dell’immagine sacra della Nostra Signora delle Grazie in Sardhana - 20 Novembre 2006)

Prima di tutto desidero dare il mio caldo benvenuto a tutti i partecipanti e ai pellegrini. Uno speciale benvenuto va al Nunzio Papale Sua Ecc.za Pedro Lopez Quintana e ai diversi Vescovi e religiosi qui presenti. Noi celebriamo 50 anni della Diocesi di Meerut. Cinquanta anni fa i cattolici erano 9.017 in 17 parrocchie servite da 25 cappuccini, 4 sacerdoti diocesani e 46 religiose. Oggi sono oltre 28.000! In 58 parrocchie servite da 65 sacerdoti diocesani e 45 sacerdoti religiosi e 668 religiose. Inoltre abbiamo un collegio universitario, 76 scuole medie e superiori, 91 scuole primarie.

Contiamo anche 30 ambulatori medici e istituti per handicappati e meno privilegiati, ed un fiorente centro di lavoro sociale (Meerut Seva Samaj). Siamo orgogliosi delle nostre 45 Hindi scuole medie che hanno benedetto la nostra Diocesi con tante vocazioni locali. Oggi non è fuori luogo ringraziare i Cappuccini della Provincia Toscana per tutto quello che essi hanno fatto e continuano a fare per la nostra diocesi. Una speciale menzione al grandissimo cappuccino, l’Arcivescovo B. Evangelisti, primo Vescovo di Meerut e fondatore del Santuario (Sardhana), che guidò la Diocesi per 17 anni. È davvero una benedizione avere ancora un cappuccino italiano qui in mezzo a noi fin dall’inizio della Diocesi ed ancora l’aiuta in tanti modi: P. Lanfranco Iozzi.