I sette emirati arabi sono una realtá di equilibrio nel mondo arabo e in particolare nella penisola arabica. Indipendenti dal 1971, essi formano una confederazione di monarchie rette da tradizionali sceicchi. Uno di loro é eletto presidente. Un'assemblea nazionale di quaranta membri costityuisce un consiglio onorifico, essendo il potere detenuto dai capi tradizionali, che sono anche i proprietari e i distributori dei beni e delle terre.
La scoperta
e la vendita del petrolio hanno modificato profondamente la vita
di questi Stati, abitati da popolazioni beduine del deserto. Grazie
alla saggezza e alla abilità dei capi, lo sviluppo delle
città e del territorio in questi ultimi venti anni è
impressionante. Abitazioni moderne, efficienti, belle costituiscono
le città capitali.
Nel centro di Abu Dhabi si demoliscono le costruzioni di meno di
sette piani per costruirne altre più moderne e più
alte. Lo stesso deserto sta fiorendo con piante e fiori, almeno
nelle città, in cui svettano i minareti dell'islam, che ha
centinaia di moschee. La dottrina islamica è proclamata non
solo nelle moschee, ma anche nelle scuole e nei servizi pubblici.
Immigrazione numerosa e temporanea
La ricchezza portata
dal petrolio e la volontà di sviluppo dei capi hanno obbligato
ad importare cervelli e manodopera dall'estero. Attualmente gli
stranieri lavoratori negli emirati sono più numerosi dei
locali, nella proporzione del 60%. Le condizioni però sono
chiare. Devono avere un visto debitamente ottenuto, e che è
sempre temporaneo. Nessuno straniero può accedere alla cittadinanza
araba. Nessuno può possedere terre o immobili. Nessuno sciopero
è permesso. Ogni infrazione legale causa l'espulsione immediata.
Si può dire che la prosperità degli Emirati è
resa possibile da questi stranieri, che sono pagati secondo il contributo
dato, ma che non possono reclamare nessuna parola pubblica, nessuna
sicurezza sociale nel tempo. Sono utilizzati secondo l'utilità
del paese. Anche se la proprietà del paese è detenuta
dai sovrani, i cittadini nazionali arabi degli Emirati hanno tutte
le facilitazioni. Possono scegliere il lavoro che desiderano, possono
ottenere fondi senza interesse per sviluppare un commercio o una
industria. Hanno tutte le facilitazioni per la salute, lo studio,
l'abitazione. Essi sono i soli cittadini riconosciuti per il presente
e per il futuro. Nessun altro può sognare di diventarlo.
Molti
i cattolici immigrati
La forte immigrazione
estera ha portato molti cattolici negli Emirati. Essi sono di origine
molto varia, dai paesi occidentali a quelli asiatici. I neri sono
molto rari. I reggitori Sceicchi sono stati comprensivi nel permettere
dei luoghi di culto, almeno uno in ogni emirato. Fin dal 1962 lo
Sceicco di Abu Dhabi ha dato un terreno per costruire una chiesa
e una scuola. La proprietà rimane però del re, che
può sempre revocare il posto o cambiarlo con un altro. Così
nel 1981 la chiesa cattolica ha dovuto spostarsi in un luogo meno
centrale della città. Ora, in tale chiesa, dal Venerdì
alla Domenica vengono almeno diecimila fedeli, in un susseguirsi
di una dozzina di messe. La parrocchia ha diverse attività
catechetiche. Da quando i missionari hanno lasciato Aden nel 1974,
Abu Dhabi, capitale degli Emirati, è anche sede del vicario
apostolico dell'Arabia.
Dubai è il secondo emirato per importanza e per sviluppo.
Il primo sacerdote arrivò nel 1965 e la prima chiesa fu benedetta
nel 1967. Accanto vi è una scuola di modello inglese con
più di duemila studenti dal primario all'universitario, diretta
dal 1976 dalle suore comboniane. C'è anche una scuola araba
diretta dalle figlie di Maria Immacolata di Bagdad. In queste scuole
il 40% è cattolico e il resto proviene da una quindicina
di religioni o chiese. L'insegnamento religioso comporta tre ore
settimanali, ed è impartito secondo i diversi credi. La parrocchia
ha una attività impressionante: 8.000 comunioni settimanali,
12.000 partecipanti alle 15 messe festive che vanno dal Venerdì
alla Domenica, 3.000 ragazzi e giovani per la catechesi provenienti
dalle scuole non cattoliche, 500 prime comunioni all'anno, una ventina
di battesimi settimanali. I cinque sacerdoti hanno abbastanza lavoro.
Sono coadiuvati dalle religiose e da molti laici. Per rispondere
a tanti bisogni, nel 1989 fu inaugurata una nuova chiesa, più
ampia della precedente e che può accogliere 2.000 persone.
Anche l'Emirato di Sharjah ha la sua chiesa dal 1974 e un sacerdote
residente. C'è anche un quarto luogo di culto in Al Ain,
che fa parte dell'Emirato di Abu Dhabi.
Si può dire quindi che negli Emirati ci sono dei luoghi di
culto cattolici molto frequentati dai fedeli. Non si permette però
più di una chiesa per città e non c'è nessun
contratto stabile sulle proprietà e sull'uso di queste scuole
e chiese. Funzionano finché persiste il buon volere egli
sceicchi. Non è permesso nessun segno esterno, come la Croce
e nessun suono di campane e di altoparlanti che possono far notare
la presenza cristiana. Ogni chiesa è affiancata da una o
più moschee, sempre di dimensioni più imponenti e
con vistosi e altisonanti mezzi di presenza, anche quando l'afflusso
dei praticanti è limitato. La testimonianza dei cattolici,
però, rimane chiara.
Il
Vicariato dell'Arabia oltre gli Emirati
Gli Emirati sono una
piccola e recente parte del vicariato apostolico dell'Arabia, affidato
ai cappuccini di Firenze nel 1916 geograficamente il più
esteso della Chiesa e che conta ormai più di 100 anni di
esistenza. Oltre ai sette Emirati comprende altri stati sovrani
quali l'Arabia Saudita, Bahrain, Oman, Quatar, Yemen. La situazione
della libertà di pratica religiosa è diversa secondo
i paesi.
In Arabia Saudita, per esempio, dove vive il maggior numero di cattolici,
non è permessa nessuna chiesa.
Fortunatamente negli altri stati la situazione è più
positiva. In Bahrain, Oman, Quatar, e perfino nello Yemen, ci sono
limitati luoghi di culto e quindi possibilità di pratica
cattolica. Evidentemente solo gli stranieri, perché ogni
conversione di musulmani al cristianesimo è proibita. Le
conversioni di cristiani all'Islam, invece, sono ricercate e pubblicate
con grande risalto dalla stampa e nei media televisivi e radiofonici.
Le statistiche dei cattolici sono incerte perché essi sono
immigrati temporanei. Si parla, comunque, di oltre 700 mila cattolici
in tutto il Vicariato.
I luoghi di culto sono stati ottenuti nel passato. Ora è
più difficile o impossibile, con la sola eccezione dell'Oman.
La pratica per molti cattolici rimane difficile a causa delle distanze.
Anche dove ci sono luoghi di culto, essa spesso si riduce a Natale
e Pasqua. In molti casi i padroni musulmani non danno il permesso
di recarsi in chiesa in modo regolare, specialmente se si tratta
di domestiche. Il Vicariato ha una trentina di sacerdoti, tra cui
alcuni cappuccini di Firenze, mentre gli altri sono di diversi paesi.
Le suore sono una sessantina e appartengono a sei diverse congregazioni,
impegnate nelle parrocchie, nella catechesi e nell'insegnamento.
Il loro lavoro nelle scuole e nell'assistenza degli ammalati è
apprezzato da tutti.
Il
Vicariato Apostolico in Arabia
La missione di Aden iniziò nel 1841, con l'affidamento della zona ai Servi di Maria. Superate molte difficoltà iniziali, essa si estese nello Yemen e nel Somaliland. Eretta in Vicariato il 4 Maggio 1888 fu affidata a Mons. Luigi Lasserre, dei cappuccini di Lione. A lui successero Mons. Bernardino Clark, Mons. Filippo Presutti, Mons. Evangelista Vanni, Mons. Pacifico Micheloni, Mons. Giovanbattista Tirinnanzi e Mons. Luigi Irzio Magliacani. Dal 1976 Vicario Apostolico è S.E. Mons. Bernardo Gremoli, della Provincia cappuccina di Firenze. Da Aden la sede del vicariato fu trasferita in Abu Dhabi nel 1974.
Le scuole nel Vicariato
Aperte a tutti, i loro 14.080 alunni provengono per il 35% dall'ambito cattolico, per il 60% da quello musulmano e per il resto da altre confessioni religiose. La scuola col maggior numero di alunni è la St. Mary School di Dubai (2.430 alunni), che va dal Kindgarten all'università. Segue la Sacred Heart School di Bahrain, anch'essa affidata alle comboniane, con 1.568 alunni, sei dei quali nel 1999 hanno fatto parte dei 50 che il governo dell'isola ha inviato a Londra per il Master in alcune discipline particolari.
L'opera
delle suore nel Vicariato
d'Arabia
Senza la presenza delle suore, ha detto il Vicario Apostolico, il cappuccino Mons. Bernardo Gremoli, la nostra attività sarebbe incompleta, soprattutto quella catechetica, alla quale abbiamo cercato di dare sempre il primo posto, persuasi che il cristianesimo, per amarlo e viverlo, bisogna prima conoscerlo. Per questo abbiamo voluto ricordare solennemente il 50.mo di due benemerite suore comboniane, convinti che la presenza del cattolicesimo in queste zone si deve anche alla loro preziosa collaborazione.
Il Vicariato
Apostolico d'Arabia, che comprende i sette Emirati Arabi Uniti,
più l'Oman, il Qatar, lo Yemen, l'Arabia Saudita e l'isola
di Bahrain, coprendo una superficie di 3.143.669 Kmq (la più
vasta circoscrizione ecclesiastica del mondo), ha ricordato in questi
giorni una data che sta alla base del suo sviluppo cristiano. La
sua presenza in un mondo completamente musulmano fu infatti accettata
quasi unicamente perché finché dall'inizio i missionari
affidarono alle suore le scuole che aprirono su lo scoglio assolato
di Aden, prima sede del Vicariato.
Tempi eroici, come riconobbe anche il cardinal Massaja che vi si
fermò in attesa di poter entrare tra i Galla dell'Etiopia,
scrivendo che "il missionario europeo, atteso il clima, è
difficile che possa restare in Aden più di cinque o sei anni,
tempo che non gli permetterà mai di apprendere tutte le lingue
necessarie a sapersi per la debita amministrazione della missione".
Egli vi fece costruire la chiesa della Sacra Famiglia, ancora esistente.
Dopo una breve presenza delle Suore del Buon Pastore del Cairo,
e una più lunga delle Suore Terziarie Francescane di Calais
(1886-1950), nel Settembre del 1950 arrivarono in Aden le Pie Madri
della Nigrizia (le Suore Missionarie Comboniane), che vi restarono
fino al 1973, quando furono allontanate dal nuovo governo installatosi
nel paese. Allora si trasferirono a Dubai, non lontano da Abu Dhabi,
dove il Vicario Apostolico aveva portato la residenza (1974). Da
50 anni, quindi, le Comboniane lavorano a fianco dei missionari
cappuccini toscani, ai quali nel 1916 venne affidata la difficile
missione di Aden, fondata dai Servi di Maria alla metà dell'800
e dalla quale i missionari passarono prima nello Yemen (Hodeida)
e poi nel Somaliland, ad Hargeisa.
Per chi non conosce la particolare situazione del Vicariato, sarà certamente una sorpresa sapere che nel 1999 negli Emirati (esclusa, quindi l'Arabia Saudita) hanno frequentato il catechismo 13.560 ragazzi, ai quali si fa lezione in tre lingue: arabo, inglese, francese. |
Due delle pioniere
comboniane sono ancora sul campo, suor Giacinta Vanotti e suor Idangela Meroni,
che nel novembre scorso hanno festeggiato 50 anni di vita religiosa (nella vecchiaia
saranno ancora vegeti e rigogliosi) e altrettanti di presenza nel Vicariato,
impegnate non solo nella scuola, ma anche nell'attività parrocchiale
e soprattutto nella catechesi. Mentre suor Idangela collabora infatti nella
vivacissima parrocchia del Sacro Cuore di Barhain, la prima chiesa costruita
nel vicariato (1939/40), suor Giacinta, che risiede a Dubai, ha in mano l'intera
organizzazione catechetica dell'immensa circoscrizione ecclesiastica. E' lei
che prepara corsi di catechesi per i genitori e per le centinaia di catechisti
impegnati nelle 20 parrocchie in cui sono distribuiti i cattolici.
Per chi non conosce la particolare situazione del Vicariato, sarà certamente
una sorpresa sapere che nel 1999 negli Emirati (esclusa, quindi l'Arabia Saudita)
hanno frequentato il catechismo 13.560 ragazzi, ai quali si fa lezione in tre
lingue: arabo, inglese, francese. I catechisti hanno bisogno di un aggiornamento
continuo perché insieme alla catechesi parrocchiale, essi debbono garantire
l'insegnamento della religione nelle sette scuole dipendenti dal vicariato,
nelle quali, come in quelle pubbliche, oltre all'insegnamento dei principi morali,
obbligatorio per tutti, sono riservate anche tre ore settimanali per lo studio
della propria religione.
Superfluo dire che le scuole affidate alle suore sono le più stimate
per la disciplina e la serietà dell'insegnamento, come prova anche l'affiliazione
che quelle del Vicariato hanno con l'università di Londra. Aperte a tutti,
i loro 14.080 alunni provengono per il 35% dall'ambito cattolico, per il 60%
da quello musulmano e per il resto da altre confessioni religiose. La scuola
col maggior numero di alunni è la St. Mary School di Dubai (2.430 alunni),
che va dal Kindgarten all'università. Segue la Sacred Heart School di
Bahrain, anch'essa affidata alle comboniane, con 1.568 alunni, sei dei quali
nel 1999 hanno fatto parte dei 50 che il governo dell'isola ha inviato a Londra
per il Master in alcune discipline particolari.
Ovviamente i cattolici sono fieri di questa presenza che li fa sentire un po'
a casa loro, per cui nessuno si è meravigliato se a Dubai cinque ragazze
di varie nazionalità hanno chiesto di entrare tra le Comboniane.
Nel Vicariato lavorano anche altre congregazioni, come le Missionarie della
carità di Madre Teresa, che hanno quattro case per l'assistenza agli
anziani e agli handicappati nello Yemen (San'a, Thaiz, Aden e Hodeida, dove
tre di loro tre anni fa furono uccise); le Suore Caldee Figlie di Maria Immacolata
di Bagdad (arrivate nel 1973), che dirigono una scuola araba a Dubai e a Sharja;
le Suore del Rosario, a cui sono affidate le scuole di Abu Dhabi e di Sharja;
le Carmelitane di S.Teresa, indiane, impegnate nella scuola e nella catechesi
nel capoluogo; le Suore Bianche, che garantiscono l'assistenza medica alla povera
gente di Hodeida (Yemen), e ai dimenticati pescatori di Durayhimi, un villaggio
poco lontano dal centro, bruciato dalla sabbia e dalla salsedine. La temperatura
è talmente infocata, che le suore dormono all'aperto, nel cortile di
casa, sovrastato dal minareto della moschea.
Senza la presenza delle suore, ha detto il Vicario Apostolico, il cappuccino
Mons. Bernardo Gremoli, la nostra attività sarebbe incompleta, soprattutto
quella catechetica, alla quale abbiamo cercato di dare sempre il primo posto,
persuasi che il cristianesimo, per amarlo e viverlo, bisogna prima conoscerlo.