Prato 5 Novembre 2006
Incontro di Informazione e Formazione alla Missione in collaborazione col Ce.Mi.Ofs. e Ofs


Cristo risorto speranza del mondo, sorgente della testimonianza

Verona: Cerimonia di aperturaPrato: Mons. Gaetano Bonicelli con P. Corrado Trivelli Segretario delle Missioni


«Prima di entrare in argomento, sarà bene ricordare che cosa sono questi Convegni Ecclesiali. Io ne parlo sempre con una certa commozione perché, avendo avuto la fortuna di lavorare con Monsignor Bartoletti, quando lui era segretario della CEI ed io ero il vice, sono stato testimone della genesi del primo convegno, quello del 1976, cui hanno fatto seguito Loreto nel 1985, Palermo nel 1995 e, finalmente, quest’ultimo, il quarto, a Verona. Nel 1974 la Chiesa italiana aveva sperimentato la prima grossa frattura al proprio interno: l’oggetto era il divorzio; alcuni ritenevano che si dovesse votare compatti per il no, altri che non potesse essere imposta l’indissolubilità del matrimonio, per legge, anche ai non cristiani.

Monsignor Bartoletti non ebbe dubbi: dobbiamo dare un gesto di unità alla chiesa, che vada al di là di opzioni politiche. La sua linea prevalse e così fu indetto il Convegno del 1976, cui presero parte “quelli del si” e “quelli del no”, che ebbe come titolo Evangelizzazione e promozione umana. Nel frattempo, qualche mese prima del Convegno, era morto Monsignor Bartololetti, e fui io a presiedere il Comitato Preparatorio. L’esperienza fu entusiasmante: per il clima di libertà che per la prima volta in 2000 anni la Chiesa italiana sperimentava, con grande rispetto di tutti, che occasione! Ho visto gente ballare sulle sedie dalla gioia, ho visto chi piangeva di fronte a certi interventi assolutamente liberi, ma anche responsabili; si capiva che esser Chiesa non voleva dire mettere il cervello all’ammasso, ma sentire la libertà dello spirito!

Il convegno ha sempre mantenuto la propria caratteristica di un grande incontro di tutte le componenti della Chiesa italiana. Se avete seguito l’ultima edizione, quella di Verona, vi sarete accorti che, a parte 200 vescovi e poche centinaia di sacerdoti, la maggior parte dei partecipanti erano laici. Entro nel tema. Ora, che il convegno è finito, inizia quello sforzo di applicazione nella nostra vita quotidiana. Qui sono tre gli aspetti indicati nel titolo: Cristo risorto, speranza del mondo, sorgente della testimonianza.
Cominciamo allora da Cristo risorto: Se Cristo non è risorto, dice san Paolo, vana è la nostra fede. È proprio così! Se siamo cristiani, lo siamo perché perché Cristo è risorto.

Ricordate il sabato santo? La mattina, le donne che vanno al sepolcro, Maria Maddalena, la prima visione di Gesù, e poi di corsa dagli apostoli: “Cristo è risorto!”. Qualche volta, a leggere queste cose, si resta ancora stupiti, ma non crediate che Maria Maddalena, le pie donne e gli apostoli siano stati facilitati nel credere alla resurrezione del Signore. Era una realtà talmente fuori quadro e, nel Vangelo, quando Gesù preannuncia la sua resurrezione, gli apostoli non capiscono neppure cosa voglia dire risorgere dai morti! Perciò non dobbiamo meravigliarsi se anche per noi la resurrezione è qualcosa che ci sconvolge e, in un certo senso, ci coinvolge.
Ricordate san Tommaso che non era presente e che poi, otto giorni dopo, si sorprende. “Signore mio e Dio mio!” E’ la prima espressione che attesta la fede nella resurrezione di Gesù. Adesso noi diciamo “mistero della fede!”. Vedete che la fede nel Signore risorto si allarga un po’ alla volta finché evidentemente diventa la base…
I Santi
Il documento di preparazione del Convegno di Verona, a questo riguardo, dice una cosa molto bella: vedere il risorto comporta un’esperienza di conversione e quindi non bisogna meravigliarsi di aver bisogno di convertirci e di approfondire sempre di più le cose, e di poter man mano attingere anche noi, come hanno fatto i discepoli di Emmaus: “Ma guarda, l’avevamo nel cuore, sentivamo qualcosa, fin quando poi l’abbiamo potuto incontrare!”. Poi c’è un’altra conversione, come dice il testo di preparazione di Verona, la seconda conversione riguarda il volto della Chiesa. Vedere il risorto significa che la comunità dei discepoli, che ha seguito il maestro per le vie della Palestina, deve diventare la Chiesa-comunione che mette il risorto al suo centro e lo annuncia ai fratelli, come la donna che parte dal giardino della resurrezione e va a dire ai suoi discepoli: “Ho visto il signore!”

La seconda frase del nostro tema è speranza del mondo. Cosa vuol dire speranza? Speranza vuol dire fiducia, senso della vita. Perché io spero? Perché sperando mi sembra di aiutare la vita ad avere un significato. Speranza vuol dire anche coraggio. Se io spero, perbacco, allora sono pronto a buttarmi, come fate voi del resto, no? Anche andando in missione! Allora cosa intendiamo quando diciamo speranza del mondo? Cominciamo a dire che nel mondo c’è la Chiesa, e Dio sa se anche la Chiesa, le nostre comunità, hanno bisogno di speranza, di questa speranza, per poter superare tante lacune e cupezze. Ma quando diciamo Cristo risorto, speranza del mondo, dobbiamo allargare il quadro. Non parliamo soltanto del mondo cristiano, dobbiamo prendere il mondo nel senso più vasto, perché Cristo è morto per tutti, perciò vedete che l’aspetto missionario che a voi interessa in prima persona è proprio dentro questa visione di mondo più largo dove, quanto più qualche volta si è lontani dalla fede in Cristo risorto, tanto più c’è bisogno di un intervento di speranza nel mondo inteso come realtà cosmica, l’umanità e l’intero creato.

Per concludere questo secondo paragrafo potremmo anche ricordare una grande Verità, messa in luce dal Concilio Vaticano II e non ancora attuata: la Chiesa è disegno di Dio, che si realizza nel popolo di Dio. Siamo tutti popolo di Dio perché siamo tutti consacrati nel battesimo. Che questo sia vero, nessuno più lo mette in dubbio, grazie a Dio, ma dal punto di vista pratico, i laici sono considerati sempre cristiani a pieno titolo? Mi ha fatto piacere che il Papa a Verona, parlando ai laici, presenti lì come Chiesa italiana, ha parlato della necessità di arrivare ad una corresponsabilità, permettetemi questa semplice sottolineatura: i laici sono corresponsabili nella vita della Chiesa.
Cosa vuol dire essere corresponsabili? Vuol dire che le grandi scelte si fanno insieme. Questo non vuol dire togliere la responsabilità a chi dal Signore, attraverso un sacramento, ha avuto il compito di dire l’ultima parola, ma dire l’ultima parola non vuol dire negare tutte le altre parole che, qualche volta, sono determinanti per prendere una decisione.

L’ultimo, il terzo aspetto preso in considerazione, è quello della sorgente della testimonianza. La testimonianza è la prima forma di intervento nella vita della Chiesa e del mondo. Quando il Signore ci chiede di essere testimoni ci dice: “Voi dovete dire quel che avete visto”. Voi direte: “Ma io non ho visto niente!” Anche gli apostoli, San Paolo, non dicevano alla prima generazione cristiana: “Voi non avete visto che le conseguenze, l’avete accettate per fede ed è come se aveste visto”? La testimonianza è la prima pratica che dobbiamo attuare se vogliamo estendere il regno di Dio, e questo vale per tutti. Se è vero che come Chiesa il nostro primo dovere è di evangelizzare, dobbiamo comunicare la buona novella. “Ma dove vado io, se non so neppure parlare? E anche se sapessi parlare, cosa potrei dire?” Ma quando sgobbate, quando fate qualcosa di bello e di buono che tutti vedono: musulmani o scintoisti ecc.. non possono, dice San Pietro, non possono non vedere quello che facciamo di bello e dare gloria al Padre che è nei Cieli. Già, nel Vangelo San Pietro dirà: “Cercate di adorare Cristo nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della vostra speranza”.

E allora, senza la nostra fede in Cristo risorto, come possiamo rendere testimonianza agli altri? Cristo risorto è la sorgente della speranza, Cristo risorto è la radice della speranza, Cristo risorto ci offre le righe su cui scrivere la nostra testimonianza... “Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale” parole che a prima vista possono sembrare lontane, ma invece dimostrano che la visione del disegno del Signore è dentro ciascuno di noi.