La
Parola di Dio, una spada a doppio taglio
“Viva
è la parola di Dio ed efficace, e più tagliente di una spada
a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima
e dello spirito, delle giunture e delle midolla e scruta i sentimenti
e i pensieri del cuore” (Ebr. 4, 12). È uno dei testi più
noti che ci permette di soffermarci sull’efficacia intrinseca della
Parola che qualcuno l’ha qualificata come l’ottavo sacramento.
Potremmo così evitare l’inconveniente di partire dalla Parola
e poi oscurarla con le nostre sia pur splendide parole.
Già
il salmista pregava ricordando che “dalla parola del Signore furono
creati i cieli” (Sal. 33,,6), e S. Pietro (2Pt. 3,5) poteva scrivere
che “la terra ricevette la sua forma grazie alla parola di Dio”.
Classico il testo di Isaia 55, 10-11: “Come infatti la pioggia e
la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la
terra, senza averla fecondata e fatta germogliare... così sarà
della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò
per cui l’ho mandata”. Geremia, per il quale la parola del
Signore “fù la gioia e la letizia del suo cuore”, così
faceva parlare lo stesso: “La mia parola non è forse come
il fuoco e come un martello che spacca la roccia?” (23,29).
In
una società nella quale si fa spreco e spesso si banalizza il dono
della parola è percepibile da parte di molti il desiderio e la
fame della Parola, quasi come un auspicabile avverarsi della profezia
di Amos (8,11-12): “Ecco verranno giorni -dice il Signore Dio- in
cui manderò la fame nel paese, non fame di pane, né sete
di acqua, ma d’ascoltare la parola del Signore”. Alle tante
persone disorientate che, forse inconsapevolmente, sono alla ricerca di
punti di riferimento per la loro esistenza e, come i contemporanei del
profeta “vanno errando da un mare all’altro e vagano da settentrione
a oriente, per cercare la parola del Signore” non dovrebbe succedere
che non la trovino (“ma non la troveranno”) perché,
invece della Parola, la spada dello Spirito (Ef.6,17), si sono imbattute
in parole prive di efficacia se non addirittura ingannatrici.
Voltaire, il “patriarca” dell’illuminismo, in maniera
un po’ provocatoria parlava così dei Vangeli: “Venti
volumi in folio non faranno mai una rivoluzione: sono i piccoli libri
da trenta soldi quelli di cui si deve aver paura. Se i vangeli fossero
costati milleduecento sesterzi la religione cristiana non avrebbe mai
trionfato”. Anche se con una certa brutalità, lo scrittore
ci ricorda un paradosso che lo stesso Paolo aveva formulato a livello
teologico quando ai Corinzi delineava le estrose e “non economiche”
scelte di Dio che “sceglie ciò che nel mondo è stolto
per confondere i sapienti, ciò che è debole per confondere
i forti, ciò che è ignobile e disprezzato e ciò che
è nulla per ridurre a nulla le cose che sono” (I Cor. 1,27-28).
E
l’emblema della croce, umiliazione e “stoltezza” per
il mondo greco-romano ne è la dimostrazione estrema. Sì,
quei quattro libretti che sono i vangeli, stesi in un greco modesto e
a volte un po’ scorretto, sono stati capaci di trasformare la storia
e l’hanno fatto, certamente, per l’azione dello Spirito di
Dio ma anche perché non costavano milleduecento sesterzi ed erano
a tutti accessibili nella loro semplice profondità. Anche se può
essere piacevole possedere un’edizione artistica raffinata della
Bibbia, essa ha solo il valore di un soprammobile se non è percorsa,
sfogliata, annotata, consumata. Sono, perciò, più belle
quelle modeste edizioni che possono accompagnarti sempre, guidarti, parlarti,
consolarti e forse anche inquietarti.
Purtroppo ci troviamo spesso di fronte a pallide comunità cristiane
che tante volte si abbeverano ad altri rigagnoli devozionali o, peggio,
a cisterne screpolate che non possono contenere l’acqua (Ger. 2,13).
Ecco quindi un cristianesimo reso inoffensivo dalle troppe mediazioni,
una fede inquinata dal compromesso, una morale ridotta al rango di buon
senso, un’esistenza incolore e senza vigore. La Bibbia non è
un documento d’archivio o un libro in folio da offrire a golosi
frequentatori di biblioteche. La Parola di Dio, efficace e viva, non introduce
ad un devozionalismo superstizioso ma ad una fede libera e gioiosa, non
promana il ritualismo ma l’adesione morale, non crea uno spirito
integralista e “bacchettone” ma un cuore generoso e giusto.
La Bibbia investe tutti i settori della vita ecclesiale. La “Dei
Verbum”, partendo dall’importanza della S. Scrittura per la
teologia, è esplicita in questo senso: “La Sacra Teologia
si basa come su un fondamento perenne sulla parola di Dio scritta, insieme
con la Sacra Tradizione, e in quella vigorosamente si consolida e ringiovanisce
sempre, scrutando alla luce della fede ogni verità racchiusa nel
mistero di Cristo. Le Sacre Scritture contengono la parola di Dio e, perché
ispirate, sono veramente parola di Dio; sia dunque lo studio delle Sacre
Pagine come l’anima della Sacra Teologia. Anche il ministero della
parola, cioè la predicazione pastorale, la catechesi e ogni tipo
di istruzione cristiana, nella quale l’omelia liturgica deve avere
un posto privilegiato, si nutre con profitto e santamente vigoreggia con
la parola della Scrittura”.
I vescovi italiani, consapevoli come la Parola di Dio opera efficacemente
in coloro che credono (1 Tess. 2, 13), hanno messo a nostra disposizione
svariati documenti pastorali e hanno suggerito indicazioni ben precise.
“La formazione dei catechisti nella comunità cristiana”
del 1981, sviluppando il tema delle scuole di base per catechisti, parla
dei loro programmi e li raccoglie intorno a tre concentrazioni tematiche
di cui la prima è quella biblico-teologica che comprende in prima
istanza lo studio dei testi fondamentali della Bibbia in vista del suo
uso nella catechesi. E nel descrivere la personalità del catechista
la raffigura come una personalità che si nutre dell’ascolto
della Parola. Nella Catechesi tradendae del 1987 si mette di nuovo in
evidenza che la catechesi attingerà sempre il suo contenuto alla
fonte viva della Parola di Dio trasmessa nella tradizione e nella S. Scrittura.
E si sottolinea che parlare della Tradizione e della Scrittura come di
fonte della catechesi vuol dire che quest’ultima deve imbeversi
e permearsi del pensiero, dello spirito e degli atteggiamenti biblici
ed evangelici mediante un contatto assiduo con i medesimi.
Nella nota pastorale La parola del Signore si diffonda e sia glorificata
del 1995 si torna a ripetere che la catechesi è certamente una
delle vie più eminenti di contatto con la Bibbia: “Essendo
quella della catechesi la via maestra percorsa da tanti cristiani, piccoli,
giovani e adulti, diventa necessario saper valorizzare opportunamente
questa componente biblica”. Un paragrafo della stessa nota pastorale
riguarda l’insegnamento della religione nella scuola che permette
di imparare l’alfabeto delle conoscenze bibliche. Agli insegnanti
è affidato il compito di elaborare una programmazione capace di
far incontrare l’oggettiva presentazione del testo sacro con le
attese più vive dei loro alunni, così che tutti possano
rintracciare gli effetti di una Parola capace di illuminare e orientare
l’esistenza.
Etty Hillesum, ebrea, deceduta a 33 anni nel campo di sterminio di Auschwitz,
nelle Lettere inviate agli amici dal campo di smistamento di Westerbork
racconta la vita quotidiana nel campo (lo stesso che vide prigioniera
Edith Stein). Il suo cammino interiore alla ricerca del suo io più
autentico muove dalla scoperta della Bibbia. Quando la giovane, in partenza
per la deportazione, preparerà lo zaino, vi porrà prima
di tutto la Sacra Scrittura, da lei definita “un grande libro perché
dona la capacità dell’accettazione, una segreta pace dell’anima,
un appagamento e una consolazione che vanno oltre gli sforzi della ragione”.
È una dei tanti testimoni della Parola “lampada per i nostri
passi, luce sul nostro cammino” (Sal. 119, 105).
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