Intervento
di Padre Luigi Senesi
Assistente Generale dell’Istituto
Secolare “Piccola Fraternità Francescana di Santa Elisabetta”
È con grande gioia che rispondo all’invito offertomi dal
CAM di rendere la mia personale testimonianza e quella dell’Istituto
al quale presto il mio servizio. Si tratta di una nuova presenza laica
missionaria in Brasile, dove come religiosi siamo presenti da diversi
anni. Mi sembra giusto spendere innazitutto due parole per presentare
l’Istituto. Nel maggio 1935, per un’ispirazione che il Signore
concedeva al Fondatore, Padre Luigi Quadrelli da Pietrasanta, in occasione
del 7° centenario della canonizzazione di S. Elisabetta d’Ungheria,
nasceva la “Piccola Compagnia di Santa Elisabetta d’Ungheria”.
Nel gennaio 1985, con decreto del Card. Silvano Piovanelli, allora Arcivescovo
di Firenze, il Signore ci donava l’erezione canonica della “Piccola
Fraternità di S. Elisabetta” ad Istituto Secolare di diritto
diocesano.


L’approvazione
delle Costituzioni impegnava ogni Sorella a vivere nel mondo la totale
consacrazione al Signore mediante la professione dei Consigli Evangelici,
“nel Terz’Ordine e per il Terz’Ordine” (P. Luigi),
professandone la Regola. Durante l’Assemblea dell’agosto
1995, per esigenze emerse, sono state apportate diverse variazioni alle
Costituzioni, tra cui anche la denominazione di “Piccola Fraternità
Francescana di S. Elisabetta”, già “Piccola Compagnia
di S. Elisabetta”.
In seguito, l’Ordine Francescano Secolare (OFS), durante il Capitolo
Mondiale tenuto a Madrid nel 1999, ha modificato l’articolo 2
delle proprie Costituzioni, che ora recita così: “Non possono
far parte dell’OFS coloro che sono legati, mediante impegno perpetuo,
ad altra famiglia religiosa o istituto di vita consacrata”. Nell’Assemblea
dell’agosto 2001, pertanto, si è ritenuto opportuno modificare
diversi articoli delle Costituzioni tenendo presente l’estendersi
dell’Istituto in Brasile, l’esclusione dall’OFS, la
non necessaria appartenenza ad esso, pur continuando a professarne la
Regola ed altre esigenze emerse negli ultimi anni.
Venendo al Brasile, vi dico subito che, quando l’8 gennaio 2006,
sono partito per questo primo viaggio pastorale, durato 40 giorni circa,
si è trattato dell’esperienza che ha segnato la mia vita.
Gli inizi del Brasile per l’Istituto sono il segno di una realtà
nuova legata alla freschezza del carisma che fa ripensare alle origini.
Così è di questa terra, della realtà di questo
popolo in gran parte giovane dove c’è una fede e una Chiesa
viva. La fede è viva in tutte le sue espressioni da parte di
tutti: dai Vescovi ai preti, dai religiosi alle religiose, dai più
piccolo ai più grandi.
L’Istituto è già conosciuto, apprezzato, amato e
cresce a livello vocazionale. Si stanno organizzando, amano l’appartenenza
all’Istituto. Fanno sacrifici enormi per ritrovarsi, le distanze
e le spese sono incredibili! I giovani vengono accompagnati da sacerdoti
ben preparati.
Sono una trentina tra ragazzi e ragazze (dai 20 anni in su) e molti
di loro sono impegnati nelle Parrocchie, nelle Diocesi, nelle attività
caritative. Sono inseriti nelle favelas e lavorano per i meninos de
rua, coi quali stanno gran parte del loro tempo. I Vescovi coi quali
ho parlato hanno molto a cuore tutto quanto e apprezzano il loro servizio
apostolico. Ricordo che sono laici (non preti o religiosi) consacrati
nel mondo. Qui si inserisce il lavoro della sorella Chiara Ameglio che
nei mesi invernali presta il suo servizio in Brasile dove, fra l’altro,
ha fondato l’Associazione “Pro Meninos de rua” che
si adopera per aiutare i bambini e le famiglie in difficoltà.
Ho visto con i miei occhi queste realtà, specialmente quando
ha visitato le famiglie dei nostri giovani che sono sparsi in diversi
stati. Le ho viste viaggiando per ore, con fusi orari diversi, coi mezzi
a disposizione. Il pullman è il mezzo ordinario di viaggio: ci
si passano ore e ore, sicuro di giorno, diventa pericoloso da una certa
ora in poi, specie la notte. Le distanze maggiori sono da superare in
aereo e poi, in Amazzonia, si va con la barca lungo il grande Rio delle
Amazzoni. L’accoglienza e l’ospitalità è esemplare;
pur essendo privi di tante cose, i brasiliani sono dignitosi nella loro
situazione di vita.
Vedere con gli occhi, stare accanto a loro, vivere la Chiesa con l’entusiasmo
di questa fede è troppo importante per ascoltare, capire e accogliere
le novità dello Spirito. Come fa bene sentirci Chiesa, uscire
da noi stessi, dai nostri confini, scambiarci esperienze nuove, servire
al di fuori della nostra terra. Consapevoli che la Chiesa (e quindi
il cristiano) è per sua natura missionaria, sappiamo cogliere
questi segni del passaggio del Signore che ci parla e attende da noi
una risposta.
Intervento di Padre Antonio Carlos Lucas Da Trindade (detto
P. Totta)
Parroco di Ilheus e responsabile dei Progetti Buon
Pastore e Santa Chiara
Lavoro in una regione che era ricca per la produzione del cacao. Circa
20 anni fa una malattia ha distrutto molte coltivazioni e molti lavoratori
si sono spostati verso le città formando le favelas. Non erano
preparati a vivere nelle città, non avendo né lavoro né
istruzione. Il disagio è cresciuto a dismisura e con questo l’uso
della droga. I giovani specialmente iniziano a drogarsi molto presto,
hanno esperienze sessuali precoci e, spesso, una vita troppo corta,
perché comprano la droga e, non avendo possibilità di
pagarla, vengono uccisi; questa è la legge nell’ambiente
della droga. I bambini vivono in strada già a 5 anni: rubano
per mangiare, annusano la colla e bevono alcolici. I trafficanti li
sfruttano per il traffico della droga e a volte li eliminano per non
avere testimoni. Negli anni 80 ho iniziato ad occuparmi di 5 o 6 ragazzi
che cercavano cibo davanti alla curia diocesana (ero seminarista) e
poi ho continuato come parroco nelle favelas.
Ultimamente
sono impegnato con il progetto Santa Chiara, una scuola vicino alla
favelas che, oltre all’istruzione, offre il vitto per tutto il
giorno, e con il progetto Buon Pastore, che prevede la costruzione di
un centro con 6 strutture per l’istruzione, l’accoglienza
con vitto e alloggio, la formazione e l’inserimento nel lavoro.
Ospiterà circa 300 bambini ai quali vogliamo donare amore, formare
anche il cuore perché diventino responsabili e capaci di vivere
dignitosamente con il lavoro. Ci sono molti volontari del luogo, che
lavorano con noi perché questi bambini non restino abbandonati
a se stessi e non perdano la dignità umana. Mi sento piccolo
per tutto quello che devo fare ma confido in Dio e nei cuori buoni che
ci aiutano.
Intervento
di Paola
Sorella
Francescana della Nuova Gerusalemme
Quando
san Francesco incontrò alcuni laici che volevano seguire le sue
orme nella Chiesa e nel mondo, mantenendosi fedeli alla loro condizione
laicale, ha avuto l’intuizione di offrire la possibilità
di vivere il Vangelo, partecipando della stessa vocazione alla “fraternità
povera”. In questi otto secoli di storia l’Ordine Francescano
Secolare ha cercato di portare nel mondo, contraddittorio terreno di
azione della grazia, lo spirito e la passione per Dio e per l’uomo
di Francesco d’Assisi. Lo ha fatto in vari modi e con diversi
strumenti, credendo che la condivisione di momenti essenziali (preghiera,
formazione, servizio) con i fratelli e le sorelle, dono di Dio perché
non scelti, possano essere la forma che il Signore suggerisce per la
loro crescita e per la loro vita di fede. All’interno quindi di
una fraternità (cellula prima dell’OFS) nasce l’esperienza
delle Sorelle Francescane della Nuova Gerusalemme, donne (sei in tutto!)
che hanno ricevuto una chiamata ulteriore alla vita consacrata, proprio
a partire dalla vocazione all’OFS.
Siamo nate ufficialmente nel 1997 quando il Consiglio nazionale dell’OFS
ha approvato il nostro statuto in via sperimentale, anche se la nostra
storia inizia nella prima metà degli anni ’80 con tre giovani
donne che hanno incominciato un’esperienza di vita comune con
il desiderio di consacrare la propria vita a Dio, rimanendo ancorate
all’esperienza della fraternità locale in cui erano inserite.
Da allora i passi sono stati molteplici, alcuni dolorosi e complicati,
altri sono giunti come coronamento di sogni e desideri che albergavano
nei nostri cuori da tempo. La nostra vita non è diversa da quella
di tante vostre famiglie… anche noi cerchiamo di vivere in comune
quelli che sono i momenti essenziali della quotidianità, la preghiera,
i pasti (almeno la cena) e alcuni momenti di svago; molto delle nostre
giornate sono occupate dal lavoro anche se da questo punto di vista
siamo piuttosto avvantaggiate da orari umani…
Certo
gli impegni di servizio nella Chiesa e nell’OFS occupano gran
parte anche del nostro tempo cosiddetto libero. La spinta a vivere una
dimensione di fraternità aperta a tutti senza barriere o steccati
posti da limiti di sesso, cultura, appartenenza economica o sociale,
segno e anticipazione di quella fraternità che tutti attendiamo
come pienezza, nella Gerusalemme nuova, nel corso della storia si è
tradotta in una scelta essenziale di campo: la casa in cui viviamo (siamo
inserite in due luoghi) deve essere condivisa con chi ne ha bisogno,
con chi più di noi ne ha diritto, con chi inizia viaggi da lontano
con tante promesse e speranze di vita e che ritrova infrante sulle nostre
strade.
Come puro e dovuto atto di giustizia. Da circa otto anni condividono
con noi la quotidianità alcune ragazze che da paesi più
o meno lontani (Nigeria, Romania, Moldavia…) sono state condotte
in Italia con l’inganno e il miraggio di un lavoro dignitoso e
poi inserite nel circuito della prostituzione coatta; donne che hanno
avuto il coraggio e la forza di scappare dalla condizione di schiavitù
in cui erano state poste per poter riappropriarsi del loro percorso
migratorio e, finalmente, costruirsi una prospettiva di futuro che non
debba fare i conti con le pretese di chi si sente superiore perché
può esercitare il potere del denaro e della violenza. Donne che,
veramente vicine a Cristo, povero e crocifisso, ci hanno spesso scortato
alla vera adorazione del Padre; ci hanno offerto l’amore che solo
Dio sa dare, libero e liberante; ci hanno condotto a riscoprire la bellezza
e la potenza dell’incarnazione nella purezza dei loro cuori.