Comprendetemi!
Fr. Giorgio Picchi

Dar es Salaam Agosto 2003

Carissimi amici e benefattori,
Sono venuto a conoscenza che circolano tra voi delle lamentele per le rare informazioni che vi do circa i vostri adottati. Non posso darvi torto, ma desidero che vi rendiate conto della situazione in cui vivono i missionari.
Il lavoro che dobbiamo svolgere è molto e il tempo a disposizione è poco. Dalla Catechesi, al servizio della carità, dall’ascolto alla preghiera, perché se al missionario viene a mancare il nutrimento spirituale, inutile il suo daffare. Inoltre ci sono le visite ai malati, l’assistenza e la formazione ai catechisti e ai maestri e, per i sacerdoti, il servizio confessioni. E qui i fedeli si confessano ancora e credono molto nel valore della confessione. Ora voi mi capite, fermarsi per scattare foto, per la soddisfazione di vedere se il bambino o il ragazzo è cresciuto; scrivere relazioni sui risultati scolastici del medesimo, è possibile si, ma solo raramente.
Capisco le vostre esigenze, ma se teniamo conto di ciò che dobbiamo fare, e soprattutto se avete in noi fiducia, vogliate accantonare una certa curiosità, anche se legittima. Vi assicuro, anche a nome degli altri fratelli missionari, che non riusciamo a fare di meglio.
Io personalmente seguo 70 adozioni, e cerco di farlo caso per caso. Chiamo i responsabili, controllo che il denaro distribuito sia usato nel modo giusto, verifico che sia pagata la retta scolastica; a questo aggiungiamo anche le pratiche da svolgere negli uffici governativi, nei quali il tempo non ha valore; arrivo alla sera stanco e stressato, che non ho la forza di prendere la penna in mano. Il clima qui a Dar è micidiale: 90% di umidità e 40° all’ombra.
Comunque ci sentiamo un po’ a disagio nei vostri confronti, ma siamo certi che ci comprendete e perdonate.
Di una cosa mi si deve rendere atto, che almeno una volta all’anno, precisamente per le festività, invio qualche notizia e a coloro che mi scrivono rispondo sempre. Se questo non risulta a qualcuno di voi, non è colpa di Fra Giorgio, ma delle Poste, e temo proprio di quelle Italiane.
Un abbraccio a tutti e un grazie affettuoso dai bambini e dalle famiglie oggetto delle vostre attenzioni.
N.B. Nei Mesi di Ottobre, Novembre, e metà Dicembre, sarò in Italia. Sarò felice di incontrarvi e darvi notizie a viva voce.
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Istantanee di una esperienza missionaria
2003: Campo lavoro in Tanzania

Tanzania, campo di lavoro 2003: contorni di gioia e di luce

Questo viaggio alla scoperta dell’Africa è stata sicuramente una delle esperienze più belle della mia vita, sotto tutti i punti di vista… Ma cosa lo ha reso così speciale da lasciarlo impresso nel mio cuore e nella mia mente come un ricordo vivo? L’ambiente che ci circondava offrendo posti e spettacoli bellissimi? Oppure le persone che incontravamo, che ci accoglievano in modo così cordiale tanto da farmi dimenticare di essere un ospite? Forse il tempo trascorso a giocare con i bambini, a mangiare con loro, ad aiutarli e a pregare insieme? Ho visto i frutti del lavoro svolto nella mia città e quelli del poco svolto laggiù. Non spero di vedere cambiamenti immediati e miracolosi in me, ma nuovo entusiasmo mi spinge a ripartire con più convinzione. Solo entusiasmo? Ho preso coscienza della domanda “per chi sto lavorando”? Per me? Per loro? Per il Signore? La risposta la troverò qui, a casa, e avrò fatto tesoro della mia esperienza se riuscirò a conservare lo spirito missionario col prossimo, ovunque lo incontri. Allora l’esperienza africana sarà tale e non un ricordo di una vacanza diversa.

Andare in Africa a fare il volontariato è stato il sogno della mia vita. Volevo vedere, capire, ma soprattutto “fare”, “dare”, dare qualcosa di me a chi aveva più bisogno. Ho visto una realtà inimmaginabile per noi, una povertà ai limiti della sopravvivenza. Tanta sofferenza in bimbi lesi negli arti (e non solo), ma una sofferenza muta, sopportata con molta dignità. Il lavoro, l’enorme lavoro fatto dai nostri missionari, un comprensorio modello, ben attrezzato e gestito, grazie anche alla collaborazione di alcune suore colombiane, efficienti e piene di vitalità, ma grazie soprattutto alla generosità di quanti permettono tutto questo. E ho capito che la sofferenza non è un fatto momentaneo, che i bisogni ci sono e ci saranno sempre, ma che lo sforzo e la disponibilità dei missionari senza l’apporto esterno, non potrebbe dare i frutti che dà. Ho capito che “fare” e “dare” si può anche da qui, da casa nostra, dove abbondanza e spreco si possono tramutare, con la collaborazione di tanti, nell’essenziale per i più sfortunati.

La prima volta che ho varcato il cancello del Kituo, dove sono ospitati i bambini, ero emozionato ed impaurito: emozionato, perché ero arrivato finalmente nel luogo dove vivono le persone per cui da qualche anno collaboro nella preparazione e nell’invio di materiali necessari; impaurito, perché non sapevo cosa avrei potuto comunicare loro. È bastata però la loro gioia nel vederci, i loro sguardi, i loro sorrisi, a cancellare tutti i miei timori. Ci venivano incontro gattonando, sulle sedie a rotelle, o addirittura camminando sui gessi! Nonostante fossimo in un ospedale, nonostante le loro malformazioni, la loro allegria mi ha contagiato e mi ha fatto vivere giorni indimenticabili.

È veramente difficile riassumere in poche righe le sensazioni e le emozioni di questo nostro soggiorno in Africa, terra strana e magica che mi ha affascinato fin dal primo momento, con i suoi colori così accesi e i suoi odori inconfondibili. Se rivedo le mie giornate in Tanzania, saltano ai miei occhi i sorrisi e le braccia tese dei piccoli “ospiti” di Mlali, così ansiosi e desiderosi di amore e dolcezza, ma altrettanto umili e grati per un semplice sguardo. Posso affermare con assoluta certezza che la manifestazione d’affetto ricevuta da questi bimbi è stata una delle più forti emozioni della mia vita. Sono riusciti ad entrarmi nel cuore, a toccare in profondità la mia anima con i loro gesti spontanei e delicati e hanno lasciato in me un’impronta che conserverò per sempre.

L’Africa... la savana, piatta, solenne... le strade, sconnesse, i viaggi ventosi sul cassone di un camion... l’inverno tropicale, il cielo di nuvole, senza pioggia.
La Tanzania... i Masai, guerrieri antichi, pastori nomadi avvolti in mantelli... le donne, i loro cuccioli legati alla schiena con drappi colorati... i carri, con ruote scassate, trainati da buoi scarnati.
Mlali... terra arancio, capanne di fango, di creta, di mattoni rossi... bambini che corrono incontro a stranieri, salutano e chiedono caramelle.
Kituo... giochi, sorrisi, silenzioso dolore, canti, danze, dignitosi silenzi... sguardi che chiedono... mani che si offrono... braccia che stringono... bambini.
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Flash sul mio viaggio in Nigeria
P. Corrado

Enugu: P .Bernardino, al centro, con il gruppo di Professi Perpetui

Questa è la terza volta che visito la fraternità cappuccina che, da circa venti anni, è presente nel Sud-Est di questa immensa nazione.
Insieme al P. Luciano Baffigi, Definitore Provinciale, abbiamo raggiunto Lagos giovedì 21 Agosto e, da qui accompagnati da alcuni confratelli, abbiamo visitato le altre fraternità.
La visita è stata sollecitata e motivata dagli stessi confratelli della Custodia e dai superiori, che desiderano mantenere rapporti sempre più continuativi e fraterni tra la madre provincia e la nuova realtà nata in Nigeria. Infatti abbiamo partecipato alle celebrazioni importanti, come la Consacrazione Sacerdotale di due giovani teologi e la professione perpetua di altri sei giovani della Comunità di Enugu. Così pure hanno voluto coinvolgerci positivamente su possibili nuovi indirizzi e programmi favorevoli alla crescita della Famiglia Cappuccina Nigeriana, come l’apertura di una nuova casa per il Noviziato e l’erigenda Chiesa, con annessa casa di accoglienza, dedicata alla memoria di S. Pio da Pietrelcina.
Ma non voglio parlare di questi aspetti, che pure potrebbero interessare ai nostri lettori, dato che ne abbiamo già parlato diffusamente in altri numeri della rivista.
Le mie sono considerazioni semplici di un fratello e amico, che passa e visita questa famiglia sorella, dove risiedono già 47 Cappuccini, 3 italiani e tutti gli altri locali.
Innanzitutto devo sottolineare l’accoglienza con la quale siamo stati ricevuti nelle singole case.
Non ci siamo sentiti i “Benvenuti Ospiti”, ma membra vive di un’unica famiglia. Siamo stati a casa nostra. Abbiamo pregato, consumato il pasto, dialogato insieme, anche se non è stato facile intenderci con tutti, causa la diversità della lingua; ma, con quel poco “nostro” inglese e il “loro” poco italiano, si arrivava sempre a capirci, non senza esserci divertiti per gli spropositi detti. Abbiamo, insieme a loro, visitato luoghi dove abbiamo verificato l’opportunità di nuove aperture, sia per la formazione dei giovani che vengono all’Ordine, come la casa di Noviziato in Benin City, sia di nuovi campi dove verranno compiute esperienze di evangelizzazione e di apostolato.

Enugu: Ordinazione Sacerdotale di P. Paskali e P. Bonaventura. Al centro, il vescovo della Diocesi di Warry

Abbiamo costatato in questi nostri fratelli l’interesse ad uscire per rendersi presenti là dove più dura è l’emarginazione e la povertà. Credo di poter affermare che, mentre i primi anni sono stati dedicati alla formazione delle fraternità, adesso le medesime desiderano, come tali, passare alla fase dell’annuncio e della pastorale, sempre alla maniera di S. Francesco. Altro aspetto positivo, che caratterizza questa nuova realtà cappuccina: sta crescendo, né lentamente né frettolosamente; una crescita normale, ben calibrata, senza la “fame” quantitativa di vocazioni, ma preoccupata piuttosto della loro qualità.
Seria e attenta la verifica al momento di accogliere le nuove leve. Altrettanto serio e attento il cammino del discernimento vocazionale e della formazione iniziale e permanente. Le domande di ingresso all’Ordine sono molte ma, prima di essere accolte, ogni singolo caso viene esaminato con massima attenzione e seria indagine. Questo permette di affermare, senza vuoti trionfalismi, che i Cappuccini in Nigeria non sono né pochi né tanti, ma certamente sono di buona qualità.
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Snake Island: L’isola del serpente
P. Corrado Trivelli

Nigeria, Isola del serpente. P.Michael M.Okolo in visita a una famiglia.Snake Island, ovvero “Isola del Serpente“, per la sua configurazione geografica, si trova di fronte al porto di Lagos, ed è affidata alle cure pastorali dei cappuccini della fraternità di Lagos, insieme ad un’altra isola della grande laguna che si estende dinanzi alla città verso l’oceano.
Domenica 7 Settembre l’abbiamo raggiunta con un vecchio traghetto, l’unico mezzo per il trasporto passeggeri.
L’isola, tipicamente tropicale, ricca di palma di cocco, è a colpo d’occhio accogliente. Vivono in essa nuclei familiari indigeni, dipendenti di una compagnia portuale. Il villaggio è decoroso, al centro una chiesa altrettanto accogliente e decorosa, nella quale abbiamo concelebrato l’Eucarestia, presieduta dal confratello nigeriano Michael M. Okolo. Qui i cattolici sono abbastanza numerosi e l’Arcivescovo di Lagos ha dato mandato ai Cappuccini di assisterli spiritualmente e pastoralmente.
Insieme a questa comunità di nazionalità nigeriana, sono approdati all’isola degli emigrati provenienti dal vicino stato del Benin. Forse perseguitati politici? Non lo sappiamo. Le loro abitazioni sono su palafitte, in mezzo alle palme, lungo la spiaggia verso il mare aperto. Vivono prevalentemente di pesca. Hanno grande difficoltà ad integrarsi con gli altri, poiché non parlano lingue locali, né il francese, che si parla nel paese da dove provengono, né tanto meno l’inglese, lingua ufficiale della Nigeria.
Inoltre la differenza fra le due comunità, sul piano economico e culturale, è abissale.
Dopo la celebrazione eucaristica, siamo andati a visitare questi fratelli. Attraversando il villaggio, abbiamo sostato presso alcune famiglie. Alcuni risultano battezzati, altri non si capisce a quale credo appartengano, ma tutti accolgono con simpatia il Sacerdote, chiedono di pregare e desiderano ricevere la benedizione. In tutti colpisce l’ospitalità e la dignità nel portare il peso di una povertà quasi estrema. Il nostro confratello Okolo ha scelto il ruolo di assistente spirituale di questa nuova presenza etnica a Snake-Island. Forse è l’unico che riesce a parlare, a dialogare un po’ con loro, riesce a capirli e a farsi capire. Si è messo con grande buona volontà ad imparare la loro lingua, che non trova in nessun testo, ma che può apprendere solo dalla loro bocca, stando a lungo con loro e, possiamo immaginare, non senza fatica. Il confratello è entrato nello spirito del nuovo documento dell’episcopato nigeriano, che esorta i propri figli credenti ad essere evangelizzatori della propria gente. Anche questo è segno di crescita della presenza cappuccina- francescana in queste regioni.
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14-29 maggio 2003: Visita del Ministro Provinciale in Tanzania
P.Silvano Chiatti

Tanzania-Visita del Ministro Provinciale P.Stefano Baldini

Nel mese di maggio il Provinciale, Padre Stefano Baldini, ha visitato i fratelli missionari del Tanzania. Lo hanno accompagnato due frati toscani, P. Silvano Chiatti, del Centro Missionario di Prato, e P. Silvano Vedovini, ex – missionario, ora guardiano del Convento di Poppi, che si è reso molto utile per la conoscenza della lingua swahili. È stato bello incontrarsi, scambiarsi notizie ed esperienze e vedere di persona quanto i nostri dodici confratelli toscani lavorano per il bene della chiesa del Tanzania. Sono sette i luoghi dove operano insieme ai confratelli tanzaniani. Un grazie a tutti per la calorosa accoglienza e la conferma di un affetto e stima profonda che si è ulteriormente rafforzata. q