Novo
Millennio Ineunte
Lettura
missionaria della lettera apostolica del Papa
Il nuovo secolo, che è
anche linizio di un nuovo millennio, chiede un impegno più
profondo al popolo cristiano: quello di illuminare questa nuova epoca
trasmettendo al mondo la luce di Cristo. E la missio ad gentes
ne costituisce il nerbo portante.
Un momento di riflessione allinsegna
della fraternità e della condivisione: è questo il titolo
che si potrebbe attribuire alla giornata pratese del 3 febbraio organizzata
dal Centro di Animazione Missionaria. Dopo una breve introduzione del
P. Corrado Trivelli, che ha illustrato lo scopo delliniziativa,
ha preso la parola il prof. Giovanni Minnucci, il terziario francescano
della fraternità di Poggio al Vento, ordinario di Storia del diritto
italiano presso lUniversità di Siena, già animatore,
durante lanno giubilare, di una giornata dedicata al Giubileo ed
al debito dei Paesi del Terzo Mondo. Proseguendo il cammino avviato sin
da allora, Giovanni Minnucci si è soffermato sui contenuti missionari
contenuti nella Lettera Apostolica Novo Millennio ineunte.
Ne pubblichiamo una sintesi.
Non
vi nascondo che, quando il P. Corrado mi invitò a tenere una conversazione
sui profili missionari della Lettera apostolica Novo
millennio ineunte, sono stato assalito da mille dubbi: mi si chiedeva,
infatti, di intervenire su un tema per il quale non mi sentivo assolutamente
qualificato. Cosa poteva trasmettere di particolarmente interessante,
quali riflessioni poteva suscitare un professore universitario che, ratione
officii, è abituato a navigare tra i manoscritti medioevali
e il pensiero dei giuristi di quellepoca o della prima età
moderna? Quali considerazioni avrei potuto elaborare? Ho ripensato ad
una riflessione personale di tanti anni fa, e che non ho timore di rendere
pubblica. Il nostro essere cristiani deve evangelicamente concretizzarsi
nel far fruttare i talenti che ci sono stati dati, e se la Chiesa ci chiama
e qui la Chiesa va intesa non solo come istituzione, ma soprattutto
come comunità di credenti in Cristo non dobbiamo mai dire
di no. E con questo spirito, pertanto, che ho raccolto quellinvito,
spogliandomi della veste professorale, che qui, fra laltro,
sarebbe fuori luogo, per riflettere insieme, tra fratelli, sulle sfide
missionarie del nuovo millennio.
Il
documento pontificio, che si lega indissolubilmente alla Tertio
Millennio adveniente, si caratterizza per un invito perentorio rivolto
a tutti i cristiani: Duc in altum! Come Cristo che dalla
barca di Simon Pietro, invitò lApostolo a prendere il largo
ed a gettare le reti, così il Santo Padre ci invita ad immergerci
nella storia, a dialogare con le altre culture e le altre fedi religiose,
senza mai dimenticare che il compito primario della Chiesa è quello
di comunicare il Vangelo: una comunicazione che non può
essere ridotta a mera esteriorità, ma che deve concretizzarsi nella
testimonianza del verbo di Cristo.
Il nuovo secolo, che è anche linizio di un nuovo millennio,
chiede un impegno più profondo al popolo cristiano: quello di illuminare
questa nuova epoca trasmettendo al mondo la luce di Cristo. E la missio
ad gentes ne costituisce il nerbo portante.
Premessa necessaria di questo compito è il dialogo con le altre
fedi, e dialogo vuol dire innanzitutto ascolto dellaltro, attenzione
verso le istanze dellaltro, senza preclusioni o preconcetti. Solo
su queste basi, in una società che si sta sempre più caratterizzando
per il pluralismo culturale e religioso potrà costruirsi una convivenza
tollerante, che rinneghi la guerra come soluzione di conflitti, e che
elimini il rischio, ormai concretizzatosi, del riapparire delle guerre
di religione che hanno fortemente segnato la storia dellumanità:
solo alcune idee di base sulle quali si può tentare una prima riflessione.
Muoverò da alcune considerazioni personali. Or sono ormai ventanni,
ebbi la fortuna di recarmi per un lungo periodo (quasi un anno) allUniversità
di Berkeley, in California, per svolgere ricerche presso lInstitute
of Medieval Canon Law. Quellesperienza mi ha fortemente segnato
sotto più profili. Tralascio ovviamente quelli scientifici, che
per voi non hanno alcun interesse. Ve ne sono altri che, almeno per me,
hanno costituito motivo di riflessione. Larrivo in un paese straniero,
di cui si conosce poco e male la lingua, la lontananza dagli affetti e
dalle proprie abitudini, in breve, la solitudine che ti attanaglia può
essere temperata solo attraverso lincontro con una realtà
che, in qualche misura, ti è familiare. Ricordo con assoluta nettezza
la prima domenica in terra americana - era il 3 ottobre 1982 - ed il difficoltoso
tentativo di trovare una chiesa cattolica. Imparai subito, a mie spese,
da giovane provinciale qualero, che la situazione era profondamente
diversa da quella lasciata in Italia: trovai numerosissimi luoghi di culto,
ma nessuno, malgrado le somiglianze estetiche, era di rito cattolico.
Finalmente, dopo un lungo girovagare, arrivai alla tanto agognata meta:
una chiesa cattolica che, in verità, somigliava più ad una
sala cinematografica (con tanto di platea e galleria) piuttosto che ad
una chiesa tradizionale. Mi sentii un po perso, ma, in qualche modo,
mi sentivo a casa.
Non pensiate che abbia intenzione di raccontarvi la mia vita. Ma questa
minima vicenda personale mi ritorna in mente tutte le volte che nel nostro
Paese si parla di immigrati, e talvolta di scandalo generato
dai fratelli musulmani che pregano in pubblico, quasi che la manifestazione
esteriore della loro fede sia un tentativo di violazione dei nostri diritti
acquisiti.
Come si sente un immigrato quando arriva nel nostro paese? Qual è
il suo stato danimo? Perché ha dovuto lasciare i suoi cari?
E aggiungo: se io, che ero un immigrato di lusso, e perciò
nemmeno lontanamente paragonabile ai migranti che incontriamo
tutti i giorni, mi sentivo in difficoltà, qual è lo stato
danimo che caratterizza questi nostri fratelli che hanno abbandonato
tutto per necessità? Perché scandalizzarsi per la rivendicazione
di un diritto, qualè quello di pregare il proprio Dio?
Quando il Santo Padre ci dice che dobbiamo dialogare con le altre religioni
non fa riferimento unicamente agli incontri di alto livello, ma ci invita,
innanzitutto, a riconoscere il diritto degli altri a professare liberamente
la propria fede: un invito, beninteso, che è rivolto a tutti quegli
Stati che negano la libertà religiosa.
Dialogare
non vuol dire, comunque, indifferentismo religioso. Al cristiano, infatti,
è richiesta non solo una capacità di ascolto e di rispetto
dei principii altrui (premessa necessaria per linstaurarsi di un
dialogo), ma anche e soprattutto la forza di non rinunciare alla propria
identità, alla propria storia, al proprio credo: in breve di essere
testimone di Cristo. La missionarietà si sviluppa così attraverso
lannuncio della parola di Dio che non è proselitismo, ma
adesione incondizionata al dettato evangelico. Linvocazione che
fu quasi un grido del neo-eletto Pontefice (Aprite le porte a Cristo!)
continua ad essere limperativo che deve guidare lazione quotidiana
del popolo di Dio. Ed è proprio questa quotidianità che
deve caratterizzare lannuncio: nei luoghi di lavoro, nelle scuole,
nelle relazioni con gli altri. Non dobbiamo aver paura di dirci seguaci
di Cristo, perché ciò non costituisce offesa allaltrui
identità. E qui faccio unaltra riflessione legata alle vicende
personali. Da qualche tempo, insieme ad alcuni studenti delle Facoltà
di Scienze Politiche e di Giurisprudenza dellUniversità di
Siena ed alla Cappella universitaria si è deciso di
recitare le Lodi tutti i mercoledì in unaula
della Facoltà, in un momento durante il quale non è ancora
iniziata lattività didattica. Ciò non è manifestazione
esteriore, ma una piccola, ma non per questo meno significativa testimonianza
della propria fede. E da qui, dalla convinzione di essere testimoni,
che può nascere la forza, o se preferite il vento che ci farà
prendere il largo: Duc in altum!
Sappiamo bene, infine, che la dimensione missionaria, si caratterizza
anche per una particolare sensibilità nei confronti dei Popoli
umiliati da condizioni di vita disumane: e lattività svolta
da questo Centro di animazione missionaria ne è una evidente manifestazione.
Ma attenzione. Limpegno profondo nei confronti delle popolazioni
del Terzo Mondo, che di per sé è sicuramente
rilevante, non deve costituire un alibi. Non possiamo dirci soddisfatti,
o comunque dei buoni cristiani, solo per il fatto che da qui partono aiuti
concreti verso le Missioni. La nostra testimonianza deve essere integrale,
perché come ci ricordano gli Orientamenti pastorali dellEpiscopato
italiano: ogni attività evangelizzatrice è per sua
natura indirizzata verso una concreta testimonianza della carità
e che in ogni azione di carità va resa evidente la sua identità
profonda di rivelazione dellamore stesso di Dio. q
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